L’algodistrofia è una condizione cronica meno nota come Sindrome Dolorosa Regionale Complessa (CRPS), ed è una sindrome caratterizzata da un dolore regionale continuo (spontaneo e/o evocato) apparentemente sproporzionato nel tempo o nel grado rispetto al decorso abituale di qualsiasi trauma o altra lesione nota. Il dolore è regionale (non in uno specifico territorio nervoso o dermatoma) e di solito ha una predominanza distale di anomalie sensoriali, motorie, sudomotorie, vasomotorie e/o trofiche. Braccia, gambe, mani e piedi sono le regioni in assoluto più interessate da questa condizione.
Tra i sintomi di questa malattia invalidante c’è la sensazione che l’arto in questione non appartenga al proprio corpo e sembri molto più grande del corrispettivo non dolente, tremori e spasmi articolari, insonnia ed emicranie e infine fragilità ossea (osteoporosi) nell’arto coinvolto.
Uno studio condotto su 114 pazienti con CRPS di tipo 1 (composto da 30% maschi e 70% femmine) è andato a indagare quale fosse l’evento scatenante della malattia, dato che non si conosce ancora il meccanismo che causa l’instaurarsi della condizione. I dati hanno riportato che l’evento predisponente nel 65,8% dei casi è stata una frattura e nel 7,9% un trauma.
Purtroppo anche la diagnosi della CRPS-1 è molto complicata e a livello clinico si seguono le seguenti linee guida:
- Il dolore è continuo e sproporzionato all’evento scatenante
- Il paziente deve riferire la presenza di almeno un sintomo in tre delle seguenti categorie: alterazioni sensoriali: eperestesia e/o allodiinia; alterazioni vasomotorie: asimmetria di temperatura e/o alterazione del colorito cutaneo; alterazioni sudomotorie/edema; alterazioni motorie/trofiche: ridotta escursione articolare e/o anomalie motorie (tremori, distonia) e/o alterazioni trofiche (cute, unghie, annessi piliferi).
- Devono essere obiettivabili almeno un segno o più delle precedenti categorie
- Assenza di un’interpretazione diagnostica alternativa
Le difficoltà che più spesso di incontrano nel diagnosticare l’algodistrofia è innanzitutto la pertinenza specialistica trasversale, che rende più lento il riconoscimento del giusto specialista a cui indirizzarsi; l’assenza di riscontri di laboratorio ad essa dedicati contribuisce al rallentamento della diagnosi, insieme all’assenza di metodiche strumentali dotate di sensibilità e specificità assolute. Attualmente l’algodistrofia è una condizione per la quale non esistono cure specifiche ma solo trattamenti finalizzati ad un alleviamento del quadro sintomatologico. L’approccio terapeutico farmacologico più usato è la somministrazione di bisfosfonati, farmaci usati del trattamento di gravi osteoporosi, seguiti da corticosteroidi e calcitonina.
Osteoporosi regionali
All’interno di questo tipo di malattia è riconosciuta la sindrome dell’edema midollare dell’osso, un accumulo di liquido all’interno di una struttura ossea che causa un’elevata pressione intraossea. Le patologie con edema midollare dell’osseo sono sempre caratterizzate da dolore, tanto più forte quanto più è estesa la lesione, e tra le loro cause oltre a traumi e fratture si annoverano le osteoporosi regionali migranti, oltre a patologie infiammatorie quali artrite reumatoide, psoriasica e spondiloartriti. Una definizione un po’ vecchia, ma ancora attuale, di questa malattia è “il termine edema midollare osseo riflette la mancanza di un termine migliore e enfatizza le caratteristiche generiche della condizione”.
Le osteoporosi regionali si dividono in due categorie: quelle mediate dall’attività degli osteoclasti e quelle che non presentano evidenze di perdita ossea data dall’attività degli osteoclasti.
Tra le prime si riscontrano le osteoporosi da artropatie infiammatorie e le metastasi ossee; tra le osteoporosi regionali non mediate da osteoclasti invece troviamo le più comuni CRPS-1 (algodistrofia), l’osteoporosi regionale migrante e l’osteoporosi transiente dell’anca. Queste ultime sono caratterizzate da una rapida insorgenza di osteoporosi e conseguente perdita di materiale osseo ma, fortunatamente, anche da una rapida ripresa dopo il trattamento farmacologico; i marker di riassorbimento osseo sono nella norma e nell’analisi istologica non si rileva la presenza di osteoclasti né si riscontra edema osseo. Altre caratteristiche note di queste condizioni sono trabecole ossee coperte da osteoblasti e giunture osteoidi, e un aumento dell’espressione di citochine e fattori angiogenici.
Osteoporosi transitoria dell’anca
Si tratta di una condizione rara, a insorgenza e risoluzione spontanea, che può durare da alcuni mesi a due anni, caratterizzata da coxalgia e osteopenia dell’epifisi prossimale del femore. Ciò che la rende difficile nella diagnosi è la sua natura transitoria e, al momento, l’insorgenza sconosciuta. Dal punto di vista epidemiologico è una malattia che si presenta soprattutto in uomini e donne di mezza età oppure in donne al terzo trimestre di gravidanza o immediatamente dopo il parto, tendenzialmente il rapporto maschio/femmina è di 3:1. La malattia è solitamente monolaterale (95% dei casi) ma in alcune donne è stato riscontrato un coinvolgimento bilaterale del femore.
Non è noto un particolare evento scatenante dell’osteoporosi transitoria dell’anca, anche se qualche volta è stata riscontrata l’insorgenza in seguito ad uno stress meccanico particolarmente elevato. La diagnosi è resa particolarmente difficoltosa dalla mancanza di specifici test di laboratorio ma l’imaging può venire in aiuto fornendo informazioni importanti, come la diminuzione di radiodensità nei raggi X e un aumento dell’assorbimento del mezzo di contrasto radiologico visibile nella scintigrafia ossea.
Sono stati svolti diversi studi che dimostrano che l’uso di bisfosfonati danno risultati promettenti nel ridurre la durata della malattia. In particolare nella pratica clinica è usato un protocollo detto TOHNER/31 risultato di uno studio randomizzato, in doppio cieco, vs placebo, per valutare l’efficacia, sicurezza e tollerabilità del trattamento con neridronato 100mg (4 infusioni nell’arco di 10 giorni) in pazienti con osteoporosi transitoria dell’anca.
Osteoporosi migratoria regionale
Anche in questo caso si tratta di una rara condizione caratterizzata da episodi di dolore alle articolazioni portanti, che tende a risolversi per ricomparire a un altro livello articolare (migrante) ed è associata alla presenza di una grave osteoporosi focale che coinvolge una sola articolazione. Colpisce maggiormente i maschi di mezza età, solitamente senza un precedente trauma o altri fattori predisponenti. Come nell’osteoporosi transitoria dell’anca, l’eziologia è sconosciuta e sono molto rare le situazioni di precedenti infortuni davvero significativi. Non c’è un’indicazione specifica per il trattamento di questa malattia, ma gli studi con bisfosfonati stanno dando buoni risultati, in particolare il pomidronato sembra avere un effetto rapido su gravi osteoporosi migratorie transienti.
CONCLUSIONI
- L’Algodistrofia è caratterizzata da un’ampia variabilità per tipo e gravità delle manifestazioni cliniche tra i diversi pazienti e, nello stesso paziente, in funzione della durata di malattia
- La possibile evoluzione verso una forma cronica ed il rischio di esiti funzionali permanenti impongono al clinico un tempestivo riconoscimento dei segni e sintomi che configurano la malattia
- In caso di algodistrofia, neridronato ha dimostrato di possedere un profilo d’efficacia in grado di indurre un significativo miglioramento della sintomatologia dolorosa e delle altre manifestazioni cliniche rispetto al placebo sia per via endovenosa che intramuscolare.
- Le sindromi da edema osseo, Osteoporosi transitoria dell’anca e Osteoporosi Regionale migrante, sono malattie ad eziologia sconosciuta caratterizzate dalla presenza di BME alla RMN.
- I bisfosfonati rappresentano oggi la classe farmacologica che offre le migliori garanzie d’efficacia nel trattamento della Sindrome Algodistrofica e con i maggiori riscontri di efficacia in Osteoporosi transitoria dell’anca e Osteoporosi Regionale migrante.