Da tempo i flavonoidi sono al centro dell’attenzione per i loro effetti sistemici, ma la review di Chen e colleghi colloca l’apigenina – o 4’,5,7-triidrossiflavone – al centro di un rinnovato interesse per la salute dell’osso. Estratta da alimenti comuni come sedano, prezzemolo, cipolle e camomilla, questa molecola agisce come un fitoestrogeno, capace di modulare i recettori estrogenici e di influenzare direttamente il metabolismo osseo.
Gli autori sottolineano che la perdita di equilibrio tra osteoblasti e osteoclasti rappresenta il nodo fisiopatologico condiviso da molte patologie scheletriche. In questo contesto, l’apigenina sembra ristabilire la sinergia, stimolando la formazione ossea e inibendo il riassorbimento.
Osteoporosi: un’azione bifasica tra osteoblasti e osteoclasti
Nei modelli di osteoporosi post-menopausale (OVX), il trattamento con apigenina ha ridotto la perdita trabecolare e aumentato la densità minerale ossea, migliorando l’architettura del femore. Gli effetti si accompagnano a un incremento dell’attività di fosfatasi alcalina (ALP), osteopontina e Runx2, con l’attivazione delle vie BMP-2/Smad, Wnt/β-catenina e MAPK.
Parallelamente, l’apigenina inibisce l’osteoclastogenesi, riducendo l’espressione di RANKL e c-Fos e sopprimendo la cascata infiammatoria mediata da NF-κB. Le forme glicosidiche vitexina e isovitexina, derivate dall’apigenina, mostrano azioni analoghe ma con migliore biodisponibilità e stimolo osteoblastico più marcato.
Infiammazione, immunità e rimodellamento osseo
Un aspetto distintivo dell’apigenina è la modulazione dell’immunità ossea. Agendo su macrofagi e cellule dendritiche, la molecola attenua la produzione di citochine proinfiammatorie (IL-1β, IL-6, TNFα) e riduce l’attivazione dell’inflammasoma NLRP3. Questa duplice azione – antiinfiammatoria e antiriassorbitiva – la rende particolarmente promettente nel trattamento delle forme autoimmuni e degenerative.
Nel modello di artrite indotta da collagene, l’apigenina riduce l’infiltrato sinoviale, la neoangiogenesi e l’attività osteoclastica, normalizzando l’asse RANKL/RANK/OPG. Meccanisticamente, la molecola agisce sulle vie JAK1/STAT3 e P2X7/NF-κB, inibendo la cascata infiammatoria alla radice.
Dalla cartilagine all’articolazione: effetti su artrosi e gotta
Nell’osteoartrosi (OA), il flavonoide esercita un’azione condroprotettiva multipla. Inibisce la degradazione della matrice extracellulare e la sovraespressione di metalloproteasi (MMP-3, MMP-13, ADAMTS-5), preservando collagene II e aggrecano.
Particolare rilievo assume l’interazione con l’enzima CD38, regolatore del metabolismo del NAD+: l’apigenina ne inibisce l’attività, incrementando i livelli di NAD⁺ e attivando Sirt1, con conseguente attenuazione dello stress ossidativo e del danno cartilagineo.
Nel contesto della gotta, la molecola riduce l’infiammazione mediata dai cristalli di urato, interferendo con la via TLR4/MyD88/NF-κB e con l’enzima xantina ossidasi, responsabile della produzione di acido urico. Gli autori segnalano un’evidente azione antiossidante e uricosurica, con riduzione di IL-1β e aumento dell’attività della superossido dismutasi.
Degenerazione discale e altre applicazioni
La review dedica ampio spazio anche all’intervertebral disc degeneration (IDD), patologia in cui l’apigenina contrasta l’apoptosi e la senescenza delle cellule del nucleo polposo, ristabilendo il flusso autofagico tramite la via AMPK/mTOR/TFEB.
In modelli animali, il trattamento ha portato a una significativa riduzione di IL-6, COX-2 e MMP-9, con un miglior mantenimento della matrice discale.
Sono documentati inoltre effetti anti-osteonecrosi, attraverso la modulazione di HIF-1 e dello stress ossidativo, e potenziali applicazioni oncologiche, grazie alla capacità dell’apigenina di inibire Wnt/β-catenina e PI3K/Akt/mTOR in cellule di osteosarcoma.
Criticità e prospettive cliniche
Nonostante il solido corpus preclinico, l’applicazione terapeutica dell’apigenina è limitata dalla scarsa solubilità e biodisponibilità orale (<5%).
Gli autori segnalano studi su nanoparticelle, liposomi e sistemi self-nanoemulsifying (SNEDDS), mirati a potenziarne l’assorbimento e la stabilità. Isovitexina, la forma glicosidica, risulta tre volte più biodisponibile e mantiene un marcato effetto osteogenico in vitro.
A oggi, le sperimentazioni cliniche registrate su ClinicalTrials.gov riguardano prevalentemente ambiti extra-scheletrici (sepsi, neuroprotezione, crioconservazione spermatica). Mancano ancora trial dedicati alla salute ossea, ma l’interesse è in rapida crescita, anche per l’integrazione con cellule mesenchimali o biomateriali bioattivi.
Un nutraceutico dallo scheletro promettente
L’apigenina emerge dunque come un modulatore pleiotropico del metabolismo osseo e cartilagineo, capace di combinare attività antiossidanti, antiinfiammatorie e pro-osteogeniche in un’unica molecola naturale.
La prospettiva di includerla in approcci di medicina rigenerativa – ad esempio in combinazione con MSC o scaffold a base di vetri mesoporosi bioattivi – apre nuove strade per le terapie conservative delle patologie ossee degenerative.
Resta la sfida di trasformare il potenziale biologico in efficacia clinica documentata, ma la review di Chen et al. dimostra che il futuro dell’apigenina è già inscritto nel suo profilo molecolare: una piccola molecola capace di agire su più fronti, dall’infiammazione alla rigenerazione.

