L’ipocalcemia, transiente o stabile, costituisce un’alterazione elettrolitica comune in ambito medico e chirurgico, correlata a una vasta varietà di quadri clinici.
La semeiotica classica correla l’aspetto – la facies – del paziente o alcune manifestazioni cliniche (i segni, appunto) a specifiche condizioni patologiche e continua a rappresentare un bagaglio importante nella formazione del medico. Certo, la diagnostica nella medicina contemporanea si avvale necessariamente di un secondo livello rappresentato dagli esami strumentali e di laboratorio, senza però trascendere l’approccio anamnestico e clinico del paziente. A maggior ragione nel caso in cui la semeiotica sia rappresentativa di una condizione potenzialmente pericolosa.
Ipocalcemia: concetti di base
Il bilancio del calcio in generale dipende da un delicato equilibrio tra la riserva ossea, l’assorbimento intestinale e l’escrezione renale, il tutto sorvegliato dall’azione del paratormone e con il ruolo della vitamina D.
L’inquadramento del paziente ipocalcemico, di primario interesse endocrinologico, è complesso e si basa su presentazione clinica, aspetti anamnestici patologici (prossimi e remoti) e genetico-familiare. Gli esami di laboratorio prevedono il dosaggio di fosfati, magnesio, PTH, 25 e 1,25-idrossivitamina D.
La condizione può esprimersi in maniera sostanzialmente asintomatica o rappresentare un quadro a rischio vita. Un’ipocalcemia cronica può essere tollerata e richiede trattamento preventivo delle possibili complicanze a lungo termine; al contrario, un’ipocalcemia acuta tende a necessitare un trattamento rapido.
La presentazione clinica tipica dell’ipocalcemia acuta si caratterizza per l’irritabilità neuromuscolare. Ansia, affaticamento, parestesie alle estremità, progressione a spasmo e tetania.
Semeiotica classica: segno di Chvostek
In riferimento alla semeiotica classica, l’ipocalcemia può essere rilevata clinicamente attraverso due diverse procedure: il segno di Chvostek e il segno di Trousseau. Questa breve trattazione considera queste due manovre in riferimento ai casi clinici riportati in Letteratura negli ultimi anni.
Il segno di Chvostek (o di Chvostek-Weiss) si configura come particolare contrazione della muscolatura mimica faciale in risposta a una stimolazione tattile-percussoria a carico del settimo nervo cranico (faciale appunto).
Si effettua battendo leggermente con la punta delle dita anteriormente al padiglione auricolare. Tale reperto semiologico presenta sensibilità e specificità non elevate, risultando assente indicativamente in un terzo di pazienti con ipocalcemia (falso negativo) e manifestandosi all’incirca nel 10% dei soggetti con normali livelli serici di calcio (falso positivo). In effetti, il case report pubblicato nel 2016 sul British Medical Journal da van Bussel e Koopmans riporta un Chvostek negativo in una paziente con una calcemia pari a 4.8 mg/dL (valori fisiologici 8.4–10.2) e un livello di calcio libero di 1.32 mEq/L (2.20–2.60). Secondo gli Autori, il ciò potrebbe essere da correlare alla causa dell’ipocalcemia stessa.
Semeiotica classica: segno di Trousseau
Il segno di Trosseau è certamente più caratteristico. Al soggetto viene applicato il bracciale di uno sfigmomanometro, insufflato fino a un livello superiore di circa 20 mmHg rispetto alla pressione sistolica, in maniera del tutto analoga alla misurazione della pressione stessa. Nel giro di qualche secondo o, al massimo, minuto, l’ischemia indurrà uno spasmo tipico – flessione del polso e delle articolazioni metacarpo-falangee, estensione delle dita e adduzione del pollice – definito “mano ad ostetrico” perché ricalca la posizione di un’ispezione vaginale. È potenzialmente anche molto doloroso.
Tale reperto clinico raggiunge una sensibilità del 94% e una specificità del 99%. Esso emerge appena al di sotto del limite inferiore della soglia fisiologica (il che giustifica la possibile permanenza di falsi positivi).
Letteratura di approfondimento sul segno di Trousseau e sul segno di Chvostek
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/books/NBK279022/
https://www.nejm.org/doi/full/10.1056/NEJMicm1110569
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/27481262
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC3091937/