Il Covid-19 ha sconvolto il sistema sanitario di molti Paesi, andando a riscrivere le regole di approccio alle terapie (inclusa quelle per l’osteoporosi) e le modalità con cui i pazienti interagiscono con i loro medici curanti. Uno studio ha provato a mettere in luce questi cambiamenti, evidenziando come l’aumentato dei consulti di telemedicina e l’affidarsi a referti elettronici vada di pari passo con un forte impatto sul sistema dovuto ai rimborsi delle prestazioni, un ritardo dei test eseguiti con assorbimetria a raggi X a doppia energia (DXA) e una diminuzione delle somministrazioni dei trattamenti per via parenterale.
Uno sondaggio internazionale
Lo studio prevedeva l’invio di un sondaggio ai membri della International Osteoporosis Foundation (IOF) e della National Osteoporosis Foundation (NOF) il cui scopo era quello di verificare le modalità di trattamento e gestione dei pazienti affetti da osteoporosi.
Sono stati coinvolti 209 partecipanti, per la maggior parte specialisti provenienti da 53 Paesi diversi (Tra cui diversi Paesi europei, americani, medio-orientali e del Sud-Est asiatico. Una buona percentuale di loro (circa il 40%) era rappresentata da specialisti in reumatologia, mentre il resto era composto da endocrinologi, ortopedici e in minor parte da altre figure coinvolte nelle terapie dei pazienti con osteoporosi.
Un impatto che ha cambiato profondamente le dinamiche di approccio al paziente
In base ai risultati ottenuti dal sondaggio, quasi 1/3 degli intervistati ha fatto ricorso ad un consulto tramite telefonata e circa 1/5 ha preferito utilizzare una videochiamata per portarlo a termine, affermando di aver avuto più di 20 appuntamenti di telemedicina alla settimana.
Da notare come la maggior parte degli intervistati ha riportato un ritardo nell’esecuzione della DXA e di come circa l’11% sia stato costretto ad utilizzare strumenti di valutazione del rischio di fratture senza potersi avvalere di tecniche di misurazione della densità minerale ossea (Bone Mineral Density, BMD).
Inoltre, si è visto come in molti paesi c’è stato un impatto considerevole sulle dinamiche di rimborso delle prestazioni mediche, dovute principalmente al cambiamento nel numero e nella tipologia delle visite ai pazienti. Tuttavia, non è ancora chiaro se e come questo potrà influenzare l’offerta dei servizi disposti per i pazienti con osteoporosi e la loro sostenibilità per i vari servizi sanitari nazionali.
Un aiuto dalla tecnologia che non è sempre efficace
È sorprendente notare come la maggior parte dei partecipanti abbia affermato come l’ausilio delle cartelle cliniche elettroniche abbia giovato poco alla capacità di gestione del tempo degli specialisti rispetto a quanto visto nel periodo pre-pandemico. Alcuni di loro affermano che i tempi di gestione si siano addirittura allungati, indicando tra le cause di questo cambiamento alcuni problemi tecnici legati alla rete internet, la difficoltà nel compilare la nuova documentazione e l’aumentata complessità del flusso di lavoro.
Problematiche importanti nella somministrazione delle terapie
È emerso anche come, nel corso della pandemia da Covid-19, la disponibilità delle scorte mediche all’interno delle strutture fosse compromessa a causa dei ben noti problemi logistici, inficiando la capacità di garantire la periodicità dei trattamenti terapeutici per i pazienti con osteoporosi.
Circa 1/5 degli intervistati dichiara infatti di essere stato costretto a ritardare la somministrazione delle cure ai suoi pazienti, mentre il 13% ha dovuto indirizzare il proprio paziente verso farmaci orali (facili da assumere in maniera autonoma) pur di poter continuare il trattamento della patologia.
Lo scenario mostrato dallo studio suggerisce come la pandemia da Covid-19 abbia sconvolto le dinamiche tradizionali non solo della vita quotidiana di molte persone ma anche di quella degli specialisti, alle prese con problematiche del tutto nuove che coinvolgono direttamente i loro pazienti affetti da osteoporosi. È probabile che, se la situazione non verrà gestita in maniera adeguata, si assisterà ad un aumento del tasso di fratture nei prossimi anni, con un conseguente aumento delle difficoltà nel gestire questa tipologia di pazienti.