mercoledì, Ottobre 8, 2025
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Gestione clinica della sindrome di Turner

La sindrome di Turner (TS) rappresenta una delle principali condizioni genetiche femminili con implicazioni multisistemiche. Se diagnosticata e trattata precocemente, è possibile ottimizzare crescita, salute ossea, fertilità e prevenzione cardiovascolare. Tuttavia, la gestione clinica dell’adulta resta complessa.

La sindrome di Turner (TS) è una condizione cromosomica che colpisce circa 1 su 2.500-3.000 neonate femmine e deriva dalla monosomia completa o parziale del cromosoma X. Il quadro clinico è estremamente eterogeneo e può includere bassa statura, disgenesia gonadica, difetti cardiovascolari congeniti, osteoporosi precoce e infertilità.

Nonostante l’ampio spettro fenotipico, la diagnosi spesso avviene tardivamente o viene posta solo in età adulta, quando compaiono segni come amenorrea primaria o secondaria, ridotta densità ossea o anomalie metaboliche. Questo ritardo diagnostico può compromettere l’efficacia degli interventi precoci e aumentare il rischio di complicanze a lungo termine.

Terapia estrogenica: cardine della gestione e chiave per la salute ossea

La disgenesia gonadica determina una carenza estrogenica precoce, con impatto diretto su sviluppo sessuale, salute cardiovascolare e metabolismo osseo. La terapia ormonale sostitutiva (HRT) rappresenta il fulcro del trattamento e dovrebbe essere iniziata idealmente tra gli 11 e i 12 anni, in modo da mimare il più possibile la pubertà fisiologica.

L’induzione graduale con basse dosi di estrogeni, seguita dall’aggiunta di progesterone, non solo favorisce lo sviluppo dei caratteri sessuali secondari ma contribuisce al raggiungimento di un picco di massa ossea ottimale. Numerosi studi dimostrano che la terapia ormonale precoce e continuativa è associata a un aumento significativo della densità minerale ossea (BMD) e a una riduzione del rischio di fratture vertebrali e non vertebrali.

Negli anni successivi, la HRT dovrebbe essere proseguita almeno fino all’età fisiologica della menopausa (circa 50 anni), valutando benefici e rischi individuali. Le formulazioni transdermiche sono spesso preferibili per il miglior profilo metabolico e cardiovascolare, mentre l’aderenza terapeutica rappresenta una sfida clinica cruciale.

Salute ossea e rischio fratturativo: un obiettivo prioritario

Le pazienti con TS presentano un rischio aumentato di osteoporosi e fratture rispetto alla popolazione generale, spesso già in giovane età. Questo è dovuto non solo alla carenza estrogenica ma anche a fattori aggiuntivi come bassa statura, ridotta massa muscolare, alterazioni della microarchitettura ossea e predisposizione genetica.

Il monitoraggio densitometrico deve iniziare precocemente:

  • DEXA basale all’inizio della terapia ormonale e successivamente ogni 2-3 anni.
  • Valutazione morfometrica vertebrale (VFA) per individuare fratture silenti.
  • Biomarcatori del turnover osseo utili nel monitoraggio terapeutico.

Oltre alla HRT, vanno ottimizzati tutti i fattori di salute ossea: adeguato apporto di calcio e vitamina D, esercizio fisico regolare e correzione di comorbidità come ipotiroidismo o celiachia. Nei casi di osteoporosi conclamata o fratture pregresse, può essere necessario ricorrere a farmaci anti-riassorbitivi secondo linee guida generali.

Salute cardiovascolare e metabolica: un altro fronte critico

La sindrome di Turner è associata a un aumentato rischio cardiovascolare, con prevalenza più elevata di coartazione aortica, dissezione e ipertensione arteriosa. L’ecocardiogramma e la risonanza magnetica cardiaca periodica sono strumenti fondamentali nel follow-up.

Anche la sindrome metabolica, l’insulino-resistenza e il diabete di tipo 2 sono più frequenti, rendendo necessario uno screening annuale di glicemia, lipidi e pressione arteriosa. Questi aspetti influenzano indirettamente anche la salute ossea, poiché il metabolismo glucidico e la funzione vascolare sono fattori chiave nel rimodellamento osseo.

Fertilità e salute riproduttiva: possibilità e limiti

La maggior parte delle donne con TS presenta infertilità primaria per mancato sviluppo follicolare. Tuttavia, alcune pazienti con mosaicismo possono conservare una funzione ovarica residua. Le tecniche di procreazione medicalmente assistita (PMA) con ovodonazione rappresentano oggi l’opzione principale per il concepimento, ma richiedono un’accurata valutazione cardiologica e metabolica preliminare per il rischio elevato di complicanze gestazionali.

La gestione riproduttiva va integrata in un percorso multidisciplinare che coinvolge endocrinologo, ginecologo e cardiologo.

Approccio multidisciplinare e continuità assistenziale

La complessità clinica della sindrome di Turner impone una gestione multidisciplinare e una transizione ben pianificata dall’età pediatrica all’età adulta. Le pazienti dovrebbero essere seguite in centri di riferimento dedicati, con percorsi che includano:

  • endocrinologo per HRT, salute ossea e metabolica;
  • cardiologo per il monitoraggio cardiovascolare;
  • ginecologo per la salute riproduttiva;
  • psicologo per il supporto emotivo e cognitivo.

Conclusioni

La sindrome di Turner è una condizione multisistemica che richiede un approccio terapeutico globale, personalizzato e continuativo. La terapia estrogenica precoce e correttamente gestita rappresenta il pilastro del trattamento, non solo per lo sviluppo puberale e la fertilità, ma anche per la protezione ossea e cardiovascolare.

Il monitoraggio densitometrico regolare, la prevenzione del rischio fratturativo e la gestione delle comorbidità metaboliche e cardiache devono essere parte integrante del follow-up. Solo un approccio realmente multidisciplinare può migliorare gli esiti a lungo termine e garantire una migliore qualità di vita alle donne con sindrome di Turner.

Lo studio

Davenport ML. Approach to the patient with Turner syndrome. J Clin Endocrinol Metab. 2010 Apr;95(4):1487-95.

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