La riduzione della massa ossea è un processo fisiologico associato all’invecchiamento. Dopo il raggiungimento del picco di massa ossea, che si verifica tra i 25 e i 30 anni, si osserva un progressivo declino, generalmente considerato parte del normale processo di senescenza. Tale fenomeno assume particolare rilevanza nelle donne in menopausa, che si presenta in media intorno ai 51 anni, quando la perdita ossea subisce un’accelerazione, a causa del calo di livelli estrogenici (1). Tuttavia, la riduzione della densità minerale ossea (BMD) ha inizio già negli anni precedenti, con un tasso medio annuo compreso tra lo 0,5% e l’1% (2).
Le attuali strategie di prevenzione delle fratture si concentrano principalmente sui soggetti ad alto rischio come gli anziani, pazienti con fratture pregresse o con valori di BMD compatibili con osteoporosi (T-score ≤ -2,5). Questo approccio, tuttavia, limita fortemente l’impatto della prevenzione: soltanto il 20% delle fratture avviene in soggetti osteoporotici, mentre circa l’80% si verifica in individui con osteopenia (T-score tra -1,0 e -2,5) (1). Inoltre, con l’invecchiamento della popolazione, l’osteopenia rappresenta una condizione sempre più diffusa: dopo i 60 anni, oltre il 60% delle donne e degli uomini presenta una BMD tra -1 e -2,5, ma inizia a essere già presente nella fascia tra i 45-50 anni, prima del calo estrogenico menopausale, con una prevalenza superiore al 20% (1).
L’osteopenia ha dunque un impatto rilevante, sia in termini epidemiologici sia clinici. Intervenire precocemente in questa fase potrebbe rappresentare una strategia fondamentale per ridurre l’incidenza di fratture da fragilità, come recentemente dimostrato dallo studio pubblicato su NEJM da Bolland et al. (2). Generalmente la soglia di intervento viene stabilita in base al rischio di frattura a 10 anni: ad esempio in un paziente di 50 anni con osteopenia (T score -1), questo rischio risulta basso; tuttavia, il rischio di frattura stimato nel corso della vita può raggiungere il 40%, secondo modelli predittivi epidemiologici. Questi dati suggeriscono che le soglie di intervento non dovrebbero basarsi esclusivamente sul T-score, ma integrarsi con una valutazione del rischio globale (1).
In questa direzione si muove anche la nuova raccomandazione della US Preventive Services Task Force, che oltre a confermare l’importanza dello screening per l’osteoporosi nelle donne ≥65 anni, raccomanda per “beneficio moderato” lo screening nelle donne in menopausa <65 anni in presenza di almeno un fattore di rischio (fumo, alcol, basso BMI, familiarità) (3).
Attualmente, i criteri di accesso alla densitometria ossea in Italia includono le donne in menopausa con almeno tre dei seguenti fattori di rischio minori: età > 65 anni, familiarità per osteoporosi severa, periodi >6 mesi di amenorrea premenopausale, inadeguato apporto di calcio, carenza di vitamina D, fumo, abuso di alcol. Un approccio che limita l’accesso all’esame a una porzione ristretta della popolazione.
In questo contesto, il monitoraggio e la correzione dei livelli di vitamina D può rappresentare una strategia accessibile e di facile implementazione per intercettare precocemente lo squilibrio del metabolismo osseo.
Valori inferiori a 30 ng/mL compromettono l’attivazione del recettore nucleare della vitamina D, inibendo l’espressione di geni chiave come quello dell’osteocalcina (coinvolta nella mineralizzazione ossea) e quelli deputati al trasporto intestinale del calcio. Ne consegue una carenza di calcio nel circolo sistemico, che l’organismo compensa mobilizzando il minerale dallo scheletro, sua principale riserva. I livelli sierici di vitamina D, pertanto, rappresentano un marker specchio della salute ossea, un segnale precoce di un’alterazione dell’equilibrio osseo (4).
Oggi l’osteopenia è considerata una finestra terapeutica strategica per la prevenzione delle fratture, rappresentando un punto di svolta clinico: il rischio di una seconda frattura, soprattutto vertebrale o femorale, aumenta in modo significativo (5). Tuttavia, l’osteopenia si colloca in un’area grigia: non è ancora universalmente considerata una condizione che giustifichi interventi farmacologici standardizzati, ma è sufficientemente rilevante da richiedere un’attenzione clinica.
Le raccomandazioni delle società scientifiche prevedono interventi sullo stile di vita e l’integrazione di vitamina D (800–2000 UI/die) e calcio (800–1200 mg/die) (6). Inoltre, la ricerca sta mettendo in luce il potenziale osteoprotettivo di diverse molecole naturali. Tra queste, il D-chiro-inositolo, ha mostrato in studi recenti di interferire con il meccanismo di maturazione degli osteoclasti, mediato dalla cascata di segnalazione RANK–RANKL, contribuendo così al mantenimento della massa ossea (7).
Riconoscere precocemente l’osteopenia e intervenire in modo mirato può fare la differenza nel preservare la salute ossea, prevenendo l’evoluzione verso l’osteoporosi e riducendo il rischio di fratture da fragilità (1). A questa riflessione si lega l’inno omerico di Eos e Titone, che racconta come la dea dell’aurora ottiene l’immortalità per il suo amato, dimenticando però di chiedere anche l’eterna giovinezza. Titone invecchia all’infinito, fino a ridursi a una voce, incapace di muoversi. Nel contesto della salute ossea, questa immagine evoca il rischio di una vita priva di qualità, in cui la perdita di forza, mobilità e autonomia possono trasformare la longevità in una condanna anziché in un dono.
“Eos e Titone” (XVIII sec.) di Francesco de Mura (1698-1784), Museo Nazionale di Capodimonte, Napoli
Referenze
- Reid IR & McClung MR. Osteopenia: a key target for fracture prevention. Lancet Diabetes Endocrinol. 2024 Nov;12(11):856-864.
- Bolland MJ et al. Fracture Prevention with Infrequent Zoledronate in Women 50 to 60 Years of Age. N Engl J Med. 2025 Jan 16;392(3):239-248.
- US Preventive Services Task Force. Screening for Osteoporosis to Prevent Fractures: US Preventive Services Task Force Recommendation Statement. 2025;333(6):498–508.
- Giustina A et al. Consensus Statement on Vitamin D Status Assessment and Supplementation: Whys, Whens, and Hows. Endocr Rev. 2024 Sep 12;45(5):625-654.
- Bliuc D et al. Risk of subsequent fractures and mortality in elderly women and men with fragility fractures with and without osteoporotic bone density: the Dubbo Osteoporosis Epidemiology Study. J Bone Miner Res. 2015 Apr;30(4):637-46.
- Rossini M et al. Linee guida per la diagnosi, la prevenzione ed il trattamento dell’osteoporosi. Reumatismo, 2016; 68 (1): 1-42.
- Cipriani F et al. Inositols and Bone Health: Potential Therapeutic Applications in Osteoporosis Prevention and Treatment. Nutrients 2025, 17, 1999.
Articolo realizzato con il contributo non condizionante di LO.LI. pharma: