mercoledì, Ottobre 8, 2025
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Strategie di tapering nel morbo di Graves e il ruolo della dose minima

Un ampio studio retrospettivo del Kuma Hospital di Kobe su oltre 4300 pazienti con morbo di Graves mostra che scalare il metimazolo sotto i 2,5 mg/die prima della sospensione riduce nettamente il rischio di recidiva, con i migliori risultati a dosi ≤1,25 mg/die. La “dose minima” emerge così come variabile terapeutica cruciale, capace di orientare nuove strategie cliniche di tapering.

Il morbo di Graves rappresenta la causa più comune di ipertiroidismo a livello globale, con un’incidenza stimata tra 20 e 50 casi ogni 100.000 persone/anno e una prevalenza nettamente maggiore nelle donne. Nonostante l’ampio ricorso alla terapia con farmaci antitiroidei (ATD), in particolare il metimazolo (MMI), la gestione della malattia rimane complessa: la recidiva dopo sospensione del trattamento interessa infatti tra il 20% e il 70% dei pazienti, a seconda dei contesti epidemiologici e clinici.

Un recente studio giapponese, pubblicato sul Journal of Clinical Endocrinology & Metabolism (Miyamura et al., 2025), ha posto l’attenzione su un aspetto finora poco esplorato: l’impatto della dose minima di mantenimento prima della sospensione definitiva.

Descrizione dello studio

I ricercatori del Kuma Hospital di Kobe hanno analizzato retrospettivamente le cartelle cliniche di 4352 pazienti trattati con MMI tra il 2008 e il 2024. I pazienti erano stati mantenuti per almeno tre mesi a una dose massima di 2,5 mg/die e successivamente avevano interrotto la terapia.

Sono stati identificati quattro gruppi in base alla dose finale prima della sospensione:

  • 2,5 mg/die (3523 pazienti)

  • >1,25 a ≤2,5 mg/die (526 pazienti)

  • 1,25 mg/die (227 pazienti)

  • <1,25 mg/die (76 pazienti)

L’endpoint primario era la recidiva a un anno, definita come la necessità di riprendere una terapia antitiroidea.

Risultati principali

L’analisi ha mostrato un chiaro gradiente dose-risposta:

  • 2,5 mg/die → 13,8% di recidiva
  • 1,25–≤2,5 mg/die → 13,1%
  • 1,25 mg/die → 7,1%
  • <1,25 mg/die → 2,6%

Il rischio relativo di recidiva, rispetto al gruppo 2,5 mg/die, è risultato significativamente ridotto nei pazienti che avevano scalato fino a 1,25 mg/die (RR 0,46; IC95% 0,28-0,75) e ancor più nei soggetti con dose <1,25 mg/die (RR 0,18; IC95% 0,05-0,73).

Questi risultati sono stati confermati anche da analisi di sensibilità e dal propensity score matching, rafforzando la validità dell’associazione.

Meccanismi ipotizzati

Il razionale di una riduzione del rischio attraverso dosi minime più basse non è ancora del tutto chiaro. Alcune ipotesi includono:

  • Stabilizzazione immunologica: il tapering prolungato a dosi ultrabasse potrebbe ridurre la riattivazione autoimmune.
  • Durata complessiva della terapia: dosi minori si associano a trattamenti più lunghi, con maggiore probabilità di negativizzazione degli anticorpi anti-recettore del TSH (TRAb).
  • Effetto di tolleranza progressiva: una discesa graduale e prolungata ridurrebbe lo stress immunologico e ormonale legato alla sospensione brusca.

Implicazioni cliniche

L’elemento di maggiore interesse per la pratica clinica è che la dose minima prima della sospensione rappresenta un fattore modificabile. In un ambito dove predittori di recidiva consolidati – come sesso maschile, età giovane, volume tiroideo aumentato e persistenza di TRAb positivi – non possono essere modificati dal clinico, la possibilità di intervenire sulla strategia di tapering assume un valore strategico.

Inoltre, le formulazioni di MMI a basso dosaggio (2,5 mg e 1,25 mg) rese disponibili in Giappone dal 2021 hanno reso tecnicamente possibile questo approccio. La diffusione di simili formulazioni anche in altri contesti potrebbe favorire una revisione delle linee guida internazionali.

Limiti e prospettive

Gli autori segnalano alcune limitazioni:

  • Definizione di recidiva: basata sulla ripresa della terapia, senza monitoraggio biochimico continuo.
  • Bias di selezione: pazienti che hanno tollerato dosi basse potrebbero avere un rischio intrinsecamente inferiore.
  • Studio monocentrico: la generalizzabilità dei dati a popolazioni non giapponesi è da verificare, specie considerando le differenze genetiche e di apporto iodico.

Nonostante questi limiti, lo studio apre la strada a trial prospettici disegnati per valutare direttamente l’effetto del tapering ultrabasso sulla recidiva a lungo termine.

Conclusioni

Il lavoro del Kuma Hospital introduce un nuovo paradigma nella gestione del morbo di Graves: la dose minima prima della sospensione come variabile terapeutica cruciale.
I dati indicano che ridurre la dose a ≤1,25 mg/die prima della sospensione può dimezzare – e in alcuni casi ridurre di cinque volte – il rischio di recidiva a un anno rispetto al mantenimento a 2,5 mg/die.

Per gli specialisti, questo significa che la strategia di tapering non è più solo una questione di durata, ma anche di precisione nel dosaggio. Un cambiamento che, se confermato da ulteriori studi, potrebbe tradursi in nuove raccomandazioni cliniche e in un miglioramento sostanziale degli esiti per migliaia di pazienti nel mondo.

Lo studio

Keitaro Miyamura, Mitsuru Ito, Hiroyuki Yamaoka, Mako Hisakado, Eijun Nishihara, Shuji Fukata, Mitsushige Nishikawa, Akira Miyauchi, Takashi Akamizu, Impact of Minimal Dose Strategy Before Antithyroid Drug Discontinuation on Relapse Risk in Graves’ DiseaseThe Journal of Clinical Endocrinology & Metabolism, 2025.

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