Mentre scriviamo, siamo in piena emergenza epidemiologica e clinica dovuta alla pandemia da Covid-19.
Il virus che causa l’attuale epidemia di coronavirus è stato chiamato “Sindrome respiratoria acuta grave coronavirus 2”, SARS-CoV-2, conformemente alla denominazione attribuitagli dall’International Committee on Taxonomy of Viruses (ICTV). Secondo il parere del gruppo di esperti appositamente incaricati di studiare virus, il nuovo coronavirus appartiene alla famiglia Coronaviridae, la stessa di quello che ha provocato la SARS(SARS-CoVs), da qui il nome scelto di SARS-CoV-2, e si classifica geneticamente all’interno del sottogenere Betacoronavirus Sarbecovirus [1].
Attualmente siamo lontani dall’avere a disposizione un trattamento farmacologico efficace per curare l’enorme numero di pazienti che hanno contratto o stanno contraendo la malattia e l’uso di corticosteroidi è sconsigliato [2], così come evidenziato anche dallo studio “Impact of Corticosteroid Treatment in Patients with Coronavirus Disease 2019“, in fase di pubblicazione sul The Medical Journal of Australia [3], e come indicato dalla linea guida dell’Oms “Clinical management of severe acute respiratory infection when novel coronavirus (nCoV) infection is suspected” del 13 marzo 2020 [4], scaricabile qui:
I corticosteroidi sono stati invece ampiamente utilizzati durante l’epidemia di Sars del 2003.
Un gruppo di ricercatori cinesi ha indagato le conseguenze ossee e polmonari a lungo termine associate alla sindrome respiratoria acuta grave acquisita in ospedale [5] concludendo che,
dopo 15 anni dal contagio, il danno interstiziale e la funzionalità polmonare causati dalla SARS sono per lo più guariti, con un recupero maggiore entro due anni dalla riabilitazione; la necrosi della testa del femore – che si presume sia strettamente correlata alla terapia steroidea ad alte dosi assunta per un periodo limitato di tempo e non in relazione diretta con l’infezione SARS-CoV – non è stata progressiva ed è parzialmente regredita.
Conseguenze ossee e polmonari a lungo termine associate alla sindrome respiratoria acuta grave
Le conseguenze più gravi dopo la guarigione dalla SARS sono la necrosi della testa del femore e la fibrosi polmonare. Ricercatori della Peking University People’s Hospital di Pechino, proprio dove la SARS è scoppiata nel 2003, hanno eseguito un follow-up di 15 anni sulle condizioni polmonari e ossee dei pazienti con SARS, valutando il recupero dal danno polmonare e dalla necrosi della testa femorale in uno studio di coorte osservazionale, utilizzando TAC polmonari, risonanza magnetica dell’anca, test di funzionalità polmonare e questionari sulla funzionalità dell’articolazione dell’anca.
Nel 2003 alla Peking University People’s Hospital di Pechino 80 membri del personale medico contrassero il virus e due decedettero successivamente. Questa coorte divenne la più grande popolazione di pazienti in tutto il mondo; essendo composta da operatori sanitari infettatisi durante la loro attività che hanno ricevuto regimi di trattamento e piani di riabilitazione simili, ha costituito un campione eccezionale per lo studio del decorso naturale dell’infezione da SARS e della necrosi della testa femorale indotta da steroidi.
L’ospedale venne isolato dal governo per 22 giorni. La principale manifestazione clinica dopo l’infezione era febbre alta e grave infiammazione polmonare. I pazienti sopravvissuti presentavano fibrosi polmonare residua e osteonecrosi derivanti dal trattamento con dosi elevate di terapia steroidea.
Il follow-up completo di 15 anni – da agosto 2003 a marzo 2018 – sugli operatori sanitari con SARS nosocomiale ha permesso la comprensione dell’andamento danno polmonare e della necrosi della testa del femore associato alla sindrome respiratoria acuta grave.
Settantun pazienti hanno completato il follow-up di 15 anni.
Funzionalità polmonare
La percentuale di lesioni polmonari rilevata attraverso TAC è diminuita dal 2003 (9,40 ± 7,83%) al 2004 (3,20 ± 4,78%, P<0,001) ed è rimasta stabile fino al 2018 (4,60 ± 6,37%).
Il danno interstiziale e la funzionalità polmonare causati dalla SARS sono per lo più guariti, con un recupero maggiore entro due anni dalla riabilitazione.
Lo studio ha dimostrato che la funzionalità polmonare nel 2018 era sostanzialmente la stessa di quella del 2006, con capacità di diffusione polmonare lievemente compromessa. Sebbene non vi sia stato un recupero sostanziale, si dovrebbe prendere in considerazione la degenerazione naturale della funzione polmonare negli ultimi 15 anni. Inoltre, la funzionalità polmonare dei pazienti che hanno avuto risultati normali della TAC dopo il recupero dalla SARS nel 2003 era sostanzialmente migliore di quella dei pazienti con anomalie. Ciò implica che la funzione polmonare potrebbe essere migliorata in misura maggiore quando la fase acuta della polmonite virale infettiva viene gestita in modo efficace.
Questa scoperta ha un grande valore nel valutare e prevedere la prognosi della polmonite virale.
Necrosi della testa del femore
Il volume della necrosi della testa del femore è diminuito significativamente dal 2003 (38,83 ± 21,01%) al 2005 (30,38 ± 20,23%, P=0,0002), quindi è diminuito lentamente dal 2005 al 2013 (28,99 ± 20,59%) e si è stabilizzato fino al 2018 (25,52 ± 15,51%).
Precedenti studi avevano concluso che nel 5-10% dei pazienti con SARS, dopo il trattamento con steroidi sistemici, si è verificata osteonecrosi subcondrale e che la dose cumulativa di steroidi era un fattore di rischio per l’osteonecrosi.
Tuttavia, non erano disponibili risultati a lungo termine relativi all’osteonecrosi derivante da assunzione di alte dosi di steroidi.
Lo studio della Peking University People’s Hospital indica che lo stato della necrosi della testa del femore causata dalla terapia con alti dosaggi di steroidi per il trattamento della polmonite virale infettiva potrebbe rimanere stabile nel lungo termine e che la necrosi della testa del femore potrebbe persino essere reversibile.
Questo fenomeno differisce chiaramente dall’andamento della necrosi della testa del femore causata dalla somministrazione a lungo termine di steroidi per altre malattie (ad es. leucemia, sindrome nefrosica, artrite reumatoide) che è stato sempre progressivo e irreversibile e alla fine ha portato a un peggioramento della necrosi e al conseguente collasso della testa del femore, con inevitabile perdita della funzione articolare e artrite.
In 15 pazienti (23 arti) tra quelli compresi nello studio si è verificata necrosi della testa del femore che si è presunto fosse strettamente correlata alla terapia steroidea ad alte dosi a breve termine e avesse una scarsa relazione diretta con l’infezione SARS-CoV. Lo studio ha descritto la curva di variazione della necrosi della testa del femore, misurata attraverso RM, dei pazienti con SARS per un periodo di 15 anni. I risultati hanno mostrato che il volume dell’osteonecrosi nei 15 pazienti è sostanzialmente diminuito, dimostrando una tendenza generale al miglioramento e che la funzione articolare dell’anca è progredita lentamente.
I risultati hanno profonde implicazioni cliniche per la comprensione da parte del medico della prescrizione di terapia steroidea.
Riferimenti bibliografici
[1] Ministero della salute – Faq Covid-19
[2] Interim Clinical Guidance for Management of Patients with Confirmed Coronavirus Disease (Covid-19), Centers for Disease Constrol and Prevention, 7 marzo 2020
[3] “Impact of Corticosteroid Treatment in Patients with Coronavirus Disease 2019” in fase di pubblicazione sul The Medical Journal of Australia
[4] Clinical management of severe acute respiratory infection when novel coronavirus (nCoV) infection is suspected, World Health Organization, 13 marzo 2020
[5] Zhang, P., Li, J., Liu, H. et al. Long-term bone and lung consequences associated with hospital-acquired severe acute respiratory syndrome: a 15-year follow-up from a prospective cohort study. Bone Res 8, 8 (2020). https://doi.org/10.1038/s41413-020-0084-5