venerdì, Novembre 22, 2024
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Tiroidectomia: quando l’approccio chirurgico è necessario

La tiroidectomia totale è una procedura chirurgica indaginosa che trova indicazione in ambito di patologie sia oncologiche che non. Per quanto le forme tumorali maligne rappresentino le più comuni ragioni di intervento, una voce importante deriva invece dalle forme di gozzo e ipertiroidismo. Nelle seconde, l’asportazione non rappresenta sempre la prima scelta – a differenza delle forme cancerose salvo poche eccezioni – in virtù della disponibilità di farmaci e anche della terapia radiometabolica.

I carcinomi della tiroide rappresentano il 90% dei tumori oncologici e il 4% circa di tutte le neoplasie. Negli ultimi anni hanno mostrato una tendenza all’aumento dell’incidenza, verosimilmente in virtù di una migliore accessibilità alla diagnosi: alcuni autori osservano una tendenza all’overdiagnosis di microcarcinomi papillari.

I tumori maligni tiroidei sono classificati su base istologica in tre gruppi principali, che comportano differenze drastiche anche dal punto di vista terapeutico e prognostico.

I carcinomi differenziati comprendono a loro volta i carcinomi papillari e quelli follicolari, che insieme coprono il 90% dei tumori maligni della tiroide, in un rapporto indicativo 10:1. Costituiscono anche il gruppo con la prognosi sistematicamente favorevole, con un tasso di sopravvivenza a 20 anni pari rispettivamente a 98-99 e 80-90%.

La scelta tra emitiroidectomia e tiroidectomia totale

Allo stato attuale dell’arte, la chirurgia conservativa, ovvero l’emitiroidectomia (cioè l’exeresi del solo lobo interessato, estesa fino all’istmo) può essere presa in considerazione esclusivamente nel caso di tumori ben differenziati di piccole dimensioni, anche in risposta al trend diagnostico considerato in precedenza. Sono contemplata anche delle forme intermedie (tiroidectomia subtotale e quasi totale).

I carcinomi midollari sono tumori neuroendocrini originanti dalle cellule C parafollicolari, deputate alla produzione della calcitonina. La loro diagnostica non è basata sull’imaging ma essenzialmente sui livelli della stessa calcitonina. Si presentano in forma sporadica, familiare o nel contesto delle sindromi MEN (multiple endocrine neoplasia) 2A e 2B.

Rispetto ai precedenti istotipi, la sopravvivenza scende al 75-50% a 10 anni.

Vista la bassa responsività alle terapie mediche, radianti e radiometaboliche, il carcinoma midollare esige sempre trattamento escissionale (tiroidectomia) associato a svuotamento di tutte le stazioni linfonodali cervicali. In caso di riscontro occasionale di carcinoma midollare dopo emitiroidectomia, è sempre indicata la chirurgia di completamento.

Da ultimi, i carcinomi anaplastici, i quali fortunatamente rappresentano solo l’1-2% dei tumori maligni della tiroide, si caratterizzano per la prognosi nettamente peggiore, con un tasso di sopravvivenza che non raggiunge il 20% a un anno dalla diagnosi.

Nei casi in cui viene preso in considerazione, l’intervento indicato è il più radicale possibile: tiroidectomia totale associata a svuotamento dei comparti centrale e laterali del collo.

Letteratura di riferimento su tiroidectomia totale ed emitiroidectomia

http://media.aiom.it/userfiles/files/doc/LG/2017_LGAIOM_Tiroide.pdf

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC5676172/

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