sabato, Luglio 27, 2024
SpecialitàoncologiaCarcinoma tiroideo e fragilità ossea

Carcinoma tiroideo e fragilità ossea

Il carcinoma tiroideo è la neoplasia più diffusa nel sistema endocrino e ha delle implicazioni anche sulla salute ossea del paziente

La fragilità scheletrica nei pazienti oncologici è attualmente un importante argomento di discussione, che richiede l’attenzione di diversi specialisti. Durante il congresso annuale di Bone HealthMalattie del metabolismo fosfo-calcico: Update 2023” il dottor Vena, specialista in Endocrinologia e Malattie del Metabolismo dell’Istituto Clinico Humanitas Gavezzoni, ha parlato della situazione in cui si trovano i pazienti affetti da carcinoma tiroideo e di come gli ormoni tiroidei influenzino lo stato di salute delle ossa.

Il carcinoma tiroideo

Il carcinoma tiroideo (DTC) è attualmente la forma di neoplasia più frequente nel sistema endocrino, e l’incidenza di questa malattia è in aumento grazie allo screening dei noduli toroidei che evidenziano la patologia precocemente.

Secondo i dati GLOBOCAN l’incremento dell’incidenza dei casi di DTC è omogeneo in entrambi i sessi ed i tassi d’incidenza sono fino a cinque volte maggiori nei paesi più sviluppati, tuttavia la mortalità legata a DTC rimane simile nei diversi setting socio-demografici.

La maggior parte dei DTC riscontrati ad oggi si presentano come noduli di piccole dimensioni, non palpabili, che restavano misconosciuti negli anni precedenti e lo restano tuttora nei paesi che hanno meno accesso alle tecniche di imaging avanzate. Questo ci spinge a sforzarci per gestire in maniera ottimale la terapia di questa patologia per ridurre al minimo il rischio di recidiva e di morte, senza sfociare nell’ “overtreatment”.

Le linee guida internazionali rilasciate dall’ATA nel 2015 forniscono delle indicazioni specifiche per la gestione del DTC. In particolare, dopo il trattamento iniziale (chirurgia e/o eventuale RAI), in base alla specifica classe di rischio ed in base alla risposta al primo step terapeutico si potrà decidere se optare per:

  • mantenere target di TSH semi-soppresso (0.1-0.5 uU/ml) per 5 anni per i pazienti con risposta eccellente.
  • mantenere un target di TSH < 0.1 indefinitamente (suggerito per le situazioni di risposta incompleta biochimica o strutturale e/o risposta indeterminata).

Analogamente, in Italia siamo guidati dalla Consensus Statement multi-societaria rilasciata nel 2018, che conferma la necessità di ottenere livelli di TSH soppressi o semi-soppressi in determinate classi di rischio (intermedio/alto ed età < 65 anni)  e mantenerli durante il follow up dei pazienti con risposta biochimica incompleta/indeterminata o risposta strutturale incompleta.

Tuttavia nella pratica clinica è riscontro molto comune, nel contesto di pazienti con storia di carcinoma tiroideo, il proseguimento della terapia soppressiva con LT4 ben al di là delle tempistiche previste sulla base di evidenze scientifiche.

Attività degli ormoni tiroidei sullo scheletro

L’attività degli ormoni tiroidei, in particolare di T3, è fondamentale per il corretto sviluppo scheletrico, per la crescita lineare delle ossa e, durante la vita adulta, per il fisiologico turnover osseo e per il mantenimento della massa ossea. I recettori per l’ormone tiroideo alfa 1 sono dieci volte più espressi nelle ossa rispetto a quelli per beta 1, pertanto il TRα1 è considerato il principale mediatore degli effetti scheletrici degli ormoni tiroidei appena citati.

In particolare l’ormone T3 è in grado di regolare la proliferazione, la differenziazione e la funzione degli osteoblasti direttamente tramite il Trα, ma sembrerebbe capace di regolare anche l’attività degli osteoclasti sia direttamente che tramite signaling mediato dagli stessi osteoblasti.

Oltre al ruolo degli ormoni tiroidei è importante considerare l’effetto dell’ormone tireostimolante (TSH) sulle cellule del sistema osteoarticolare. È noto che condrociti, osteoblasti ed osteoclasti esprimano il recettore per il TSH e questo ha portato all’ipotesi di un effetto diretto di questa tropina ipofisaria sullo scheletro.

È stato evidenziato uno studio in vitro su modello murino, in cui gli autori non solo sono stati in grado di dimostrare l’espressione precoce del recettore per TSH in osteoblasti e osteoclasti di animali wild type, ma anche come la presenza di TSH sia in grado di determinare la riduzione del numero degli osteoclasti maturi, e la riduzione dell’attività degli osteoclasti presenti.

Studi in vivo hanno dimostrato che le ossa di topi trattati con T4 contenevano il 41% di trabecole in meno rispetto alle ossa di topi di controllo. La presenza di TSH nel siero è inversamente proporzionale all’aumento dei marker del turnover osseo il che significa che se il TSH è fortemente presente si avrà una minor velocità di turnover osseo, portando ad un aumento della densità ossea. È stato infatti dimostrato con degli studi clinici che pazienti sottoposti ad una deprivazione di TSH per sei mesi o più, erano maggiormente soggetti al rischio di fratture ossee.

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