mercoledì, Ottobre 9, 2024
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Come nasce l’osso

Un gruppo di ricercatori guidato da studiosi dell’Università di Bologna ha individuato I primi “granelli” di osso all'interno di cellule staminali, smentendo così l’ipotesi fino ad oggi predominante secondo cui il processo di biomineralizzazione avverrebbe nell'ambiente extracellulare. La scoperta può avere ricadute importanti nel campo della bioingegneria medica e della medicina rigenerativa

L’Università di Bologna fa sapere che, utilizzando tecniche innovative ad altissima risoluzione, un gruppo di ricerca guidato da studiosi dell’ateneo emiliano ha mostrato che i primi “granelli” di osso nascono dentro le cellule e già dopo dieci giorni hanno una composizione chimica e strutturale pressoché identica a quella dell’osso pienamente formato.

Sovvertite le ipotesi sulla formazione dell’osso

“Questi risultati sovvertono le ipotesi formulate fino ad oggi secondo cui il processo di formazione dell’osso avverrebbe esternamente alla cellula” – spiega Emil Malucelli, ricercatore dell’Università di Bologna, tra gli autori dello studio. – “Siamo infatti riusciti a osservare che i primi nuclei di germinazione hanno origine all’interno di cellule staminali indotte a differenziare, prima ancora che queste si trasformino completamente in osteoblasti, le cellule specializzate nella formazione del tessuto osseo”.

I primi nuclei di germinazione dell’osso originano all’interno della cellula, prima ancora che questa si sia completamente differenziata in osteoblasto

La scoperta di come nasce l’osso – pubblicata sulla rivista ACS Central Science – potrebbe avere ricadute importanti nel campo della bioingegneria medica e della medicina rigenerativa. Questi risultati, inoltre, confermano l’intuizione di Marshall Urist, celebre chirurgo ortopedico statunitense che negli anni ’60 ipotizzò il processo di formazione dell’osso come “uno scenario aristotelico in cui il linguaggio della forma è il linguaggio della geometria e il linguaggio della geometria è il linguaggio di una sequenza di eventi molecolari e cellulari”.

La nascita dell’osso

Il tessuto osseo è in gran parte composto da un minerale a base di calcio chiamato idrossiapatite che si forma durante la biomineralizzazione, il processo che permette ai sistemi viventi di creare strutture di cristalli minerali. Questo processo è costante nel corso di tutta la vita e permette non solo la formazione ma anche la riparazione e la ridefinizione delle ossa.

Fino ad oggi, però, gran parte degli studi dedicati alla biomineralizzazione si era concentrata sulle fasi intermedie e sulle fasi finali della formazione dell’osso, lasciando aperti molti interrogativi su come e soprattutto dove iniziano a nascere i primi “granelli” ossei.

Un’indagine su scala atomica

Per cercare risposte a queste domande, i ricercatori sono partiti dalle cellule staminali mesenchimali: particolari cellule presenti soprattutto nel midollo osseo che sono in grado di generare diverse tipologie specializzate di cellule che compongono il tessuto scheletrico. L’obiettivo degli studiosi era stimolare le cellule staminali in modo da indurre il differenziamento in osteoblasti – cellule specializzate nella formazione del tessuto osseo – e osservare quindi dal principio il processo di biomineralizzazione.

Riuscire però a visualizzare un fenomeno simile con un livello di dettaglio adeguato non è affatto semplice. “Abbiamo utilizzato raggi X generati da luce di sincrotrone, una tecnologia d’avanguardia che permette di realizzare osservazioni ad altissima risoluzione”, dice Emil Malucelli. “Sfruttando questo strumento e integrando i risultati ottenuti con altri approcci analitici, siamo riusciti a realizzare un’indagine su scala atomica del fenomeno, guardando cosa succede sia all’interno di ogni singola cellula sia nell’ambiente extracellulare”.

Un cristallo nella cellula

I ricercatori hanno quindi indotto le cellule staminali a generare osteoblasti osservando da vicinissimo le diverse fasi del processo. Già dopo quattro giorni è arrivata la prima sorpresa: all’interno delle cellule sono stati individuati nuclei minerali. Una scoperta che smentisce l’ipotesi fatta fino ad oggi secondo cui la biomineralizzazione avverrebbe nell’ambiente esterno alle cellule. E che è stata confermata anche da una seconda osservazione fatta dopo dieci giorni: alcuni nuclei minerali si trovavano a questo punto nell’ambiente extracellulare, ma altri restavano ancora all’interno delle cellule.

Mappe di fluorescenza a raggi X bidimensionali (dimensioni dei pixel 70 nm, espresse in massa areale g/cm2) che mostrano l’evoluzione tra il giorno 4 e il giorno 10 della differenziazione osteogena del bMSC. (A, E) Rosso: mappe elementali di Ca. (B, F) Verde: mappe elementali di P. (C, G) Blu: mappe elementali di Zn. (D, H) Distribuzione elementare composita di Ca, P e Zn per comprendere meglio la corrispondenza dell’accumulo di elementi

“Grazie a queste osservazioni abbiamo potuto dimostrare che i primi nuclei di germinazione dell’osso originano all’interno della cellula, prima ancora che questa si sia completamente differenziata in osteoblasto”, conferma Emil Malucelli. “E dopo dieci giorni, la composizione chimica e strutturale di questi primi granelli di osso primigenio è già pressoché identica a quella dell’osso maturo pienamente formato”.

Il ricercatore aggiunge poi un altro dettaglio sorprendente: “All’interno di questi primi nuclei minerali abbiamo individuato calcio, fosforo ma anche zinco: un elemento che fino ad ora non era stato osservato, ma che gioca invece un ruolo molto importante nel processo di cristallizzazione della idrossiapatite”. Tutte queste novità aprono rilevanti nuove prospettive per lo studio dei meccanismi che regolano lo stadio iniziale della formazione dell’osso.

Per approfondire

Lo studio è stato pubblicato su ACS Central Science con il titolo “Chemical Fingerprint of Zn-Hydroxyapatite in the Early Stages of Osteogenic Differentiation”.

La ricerca è stata guidata da un gruppo di ricercatori e docenti del Dipartimento di Farmacia e Biotecnologie dell’Università di Bologna: Alessandra Procopio, Emil Malucelli, Concettina Cappadone, Giovanna Farruggia, Azzurra Sargenti e Stefano Iotti. Hanno partecipato inoltre studiosi dello European Synchrotron Radiation Facility (Francia), dell’Università di Milano, dell’Istituto di Cristallografia del CNR e di ALBA Synchrotron (Spagna).

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