L’osteoporosi è una patologia che, ad oggi, riguarda più di 200 milioni di persone nel mondo e che va a indebolire la massa ossea generale, esponendo chi ne è affetto ad un rischio maggiore di fratture. Nei pazienti con carcinoma mammario, si è visto come i trattamenti oggi a disposizione possono indurre una diminuzione dei livelli di estrogeni, i quali aiutano a mantenere una buona densità ossea sia nelle donne premenopausa che in quello post-menopausa.
Nella review pubblicata dal dott. Shapiro viene analizzato nel dettaglio il rapporto che intercorre tra queste due patologie, evidenziando gli effetti dei trattamenti attualmente in uso nella pratica clinica e mettendo in risalto l’importanza della prevenzione degli effetti collaterali mediante l’integrazione con la dieta e il supporto farmacologico.
Il contraccolpo delle terapie oncologiche sull’omeostasi ossea
È stato mostrato in diversi studi come ci sia una correlazione tra i livelli di estrogeni e l’attività di diverse popolazioni cellulari presenti nel tessuto osseo, quali osteoclasti, osteoblasti e linfociti T. Questo rapporto non ancora del tutto chiarito, ma sembrerebbe che ad un incremento dei livelli di estrogeni corrisponda un aumento dell’attività degli osteoblasti, mentre una loro diminuzione conduce all’attivazione degli osteoclasti, aumentando il riassorbimento osseo.
Le terapie ad oggi efficaci nel trattamento del carcinoma mammario prevedono la somministrazione di farmaci che diminuiscono le concentrazioni ematiche degli estrogeni, esponendo il paziente alla possibile insorgenza dell’osteoporosi nel caso in cui non siano adeguatamente seguiti. Tra le diverse classi di farmaci utilizzati troviamo il Tamoxifene, appartenente alla classe dei modulatori selettivi del recettore per l’estrogeno (selective estrogen receptor modulators, SERM) il quale sembrerebbe aiutare a contrastare il riassorbimento osseo provocato dalla menopausa.
Agiscono invece in maniera diametralmente opposta tutte le altre categorie di trattamenti, quali ad esempio gli inbitori dell’aromatasi (Aromatase Inhibitors, AI), l’insufficienza ovarica indotta da chemioterapia (chemotherapy-induced ovarian failure, CIOF) e l’uso di ormoni che rilasciano gonadotropine (gonadotropin-releasing hormone, GnRH). In tutte queste si assiste ad una riduzione della massa ossea, particolarmente accentuata nel caso della CIOF o dei GnRH dove, da soli, portano alla diminuzione rispettivamente del 7% e del 7.7% nelle donne in premenopausa.
In particolare, è stato notato come l’uso di GnRH in combinazione con gli AI diminuisca ulteriormente la massa ossea (portando ad una perdita di circa l’11%) e aumenti il rischio di fratture dovute proprio a questa alterazione dell’omeostasi ossea.
Il ruolo dello stile di vita nei pazienti oncologici con osteoporosi
Esistono numerosi studi che hanno provato a chiarire come una dieta ricca di calcio e vitamina D possa influire positivamente sullo stato di salute delle ossa di un paziente affetto da osteoporosi. Sebbene ci si interroghi ancora sull’effettivo ruolo protettivo di questi nutrienti nei confronti nei confronti di fratture e indebolimento del tessuto osseo, appare evidente invece che l’assunzione di vitamina D da sola non porti un reale miglioramento delle condizioni dello scheletro.
La situazione cambia nel momento in cui vengono assunti regolarmente quantità aumentate di calcio e vitamina D contemporaneamente. In alcuni studi clinici è stato visto come nelle pazienti oncologiche con diminuita densità ossea (causata dalla somministrazione di AI) l’assunzione di calcio insieme a vitamina D abbia in parte mitigato di questa riduzione. Sebbene non siano stati riscontrati effetti sulla possibilità di prevenire completamente questo evento indotto dalle cure, i principali organi istituzionali (come, ad esempio, la National Osteoporosis Foundation e la National Academy of Sciences) suggeriscono di prescrivere alle donne oltre i 50 anni di età l’assunzione di 1000-1200 mg di calcio (oltre a quanto assunto con la dieta) insieme a 800-1000 UI di vitamina D3 ogni giorno.
L’importanza della scelta della giusta terapia per il paziente oncologico
Da quanto detto, appare chiaro come la scelta del percorso terapeutico per un paziente affetto da carcinoma mammario, momento già di per sé cruciale, debba essere valutato con ancora più attenzione considerando anche le conseguenze che potrebbero ricadere su altri tessuti, come quello osseo.
Per questa ragione le attuali linee guida prevedono, oltre al tipico momento diagnostico rappresentato da uno screening approfondito, anche delle indicazioni per prevenire un possibile danno alla struttura ossea, suggerendo una regolare assunzione di calcio e vitamina D3, oltre che uno stile di vita sano e un’attività fisica quotidiana.