In un precedente articolo dedicato all’approccio clinico della patologia algico–disfunzionale dell’articolazione temporo–mandibolare ci si è soffermati in maniera prevalente sulla fase diagnostica strumentale, dedicando un breve inciso conclusivo alla quella terapeutica. Volendosi soffermare in maniera più sistematica su questa, si consideri il fatto che anch’essa, al pari della diagnosi, prevede uno schema ad albero. Partendo da una fase sintomatica che non necessita sempre trattamento – il click isolato non costituisce necessariamente segno di patologia – la terapia può farsi via via più indaginosa di pari passo con la gravità e la mancata responsività del quadro disfunzionale.
Artrocentesi nei disturbi dell’articolazione temporo-mandibolare
La manovra clinica di base è attualmente rappresentata dall’artrocentesi, effettuata secondo la tecnica a due vie. Si tratta di una procedura introdotta nella prima metà degli anni ’90 che prevede l’accesso allo spazio articolare tramite un ago (solitamente la misura consigliata è di 19 gauge) attraverso il quale viene iniettata soluzione fisiologica. Il razionale prevede sia lo sfruttamento della pressione nell’ottica di risolvere almeno parzialmente la lussazione sia la rimozione di materiale infiammatorio dal sito: all’interno della capsula pesca infatti un secondo ago, che permette il drenaggio dello stesso liquido verso l’esterno. La soluzione potrebbe essere medicata, ad esempio con acido ialuronico a funzione lubrificante o antinfiammatori corticosteroidei.
L’artrocentesi a due vie è un’opzione largamente diffusa e costituisce appunto un approccio di base, in quanto manovra valida di relativamente facile esecuzione, a bassa invasività, che può essere condotta in ambulatorio e in regime di anestesia locale.
La tecnica è stata sviluppata secondo diverse modalità: la review di Samiee del 2011 sottolinea a sua volta l’efficacia dell’iniezione iniezione intrarticolare di cortisonici nel trattamento delle limitazioni in apertura. Altri autori supportano un approccio indiretto, per cui le iniezioni, questa volta di farmaci come la tossina botulinica, vengono effettuate a livello dei muscoli su cui l’ATM agisce, ovvero quelli masticatori.
Artroscopia nelle patologie dell’articolazione temporo-mandibolare
Un’evoluzione di grande attualità è rappresentata dall’artroscopia: pur richiedendo personale maggiormente specializzato, tale metodica presenta numerosi vantaggi in termini di sicurezza e affidabilità (a partire dalla visualizzazione diretta del sito) e, secondo quanto stabilito da Breik nel 2016, si presta a essere applicata già nelle prime fasi di patologia.
Bisogna sottolineare il fatto che quelle a cui si è fatto riferimento finora costituiscono sistematicamente terapie non risolutive (si pensi alla tossina botulinica che ha appunto un’efficacia limitata nel tempo) o parzialmente risolutive. Ciò non toglie che queste possano essere in grado di controllare la sintomatologia e portare beneficio duraturo al paziente.
In ultima analisi, si consideri pertanto la chirurgia open, che secondo la meta-analisi di Al-Moraissi del 2015 conserva una maggiore efficacia nel ridurre il dolore rispetto alla chirurgia artroscopica, la quale però è già ugualmente efficace per quanto riguarda altri reperti clinici come il click e, soprattutto, grado di apertura e funzionalità. Inoltre, la metodica ha risentito positivamente dell’evoluzione tecnologica nell’ambito della programmazione digitale preoperatoria: pertanto è auspicabile la diffusione, nell’immediato futuro, di protocolli minimamente invasivi di chirurgia guidata, come quello recentissimamente descritto da Krause.
Letteratura scientifica in merito alla riabilitazione dell’articolazione temporo-mandibolare
https://www.mayoclinic.org/diseases-conditions/tmj/diagnosis-treatment/drc-20350945
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/29574810
http://www.jdrntruhs.org/temp/JNTRUnivHealthSci23196-3631741_100517.pdf
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/21959659
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/27836550