mercoledì, Ottobre 9, 2024
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Biomateriali per protesi: progetto EVPRO per le protesi d’anca

Nell’ultimo decennio il numero di protesi d’anca impiantate in Europa è cresciuto in maniera costante – si parla di 300 protesi ogni 100.000 abitanti- e con esso è aumentata anche la frequenza dei processi infiammatori asettici tra osso e impianto, accompagnata da allentamento della protesi, con conseguente riduzione della durata della sostituzione dell’anca. In questo problematico scenario  si colloca il progetto europeo EVPRO Extracellular Vesicles Promoted Regenerative Osseointegration, il cui obiettivo è quello di  prolungare la vita delle protesi d’anca e ridurre il rischio di infiammazione attraverso l’utilizzo di biomateriali avanzati, migliorando la mobilità e il benessere dei pazienti e diminuendo i problemi associati all’impianto di protesi articolari.

Progetto EVPRO

Il progetto propone il’impiego di rivestimenti bioattivi che, adattati sulla protesi, siano in grado di controllare l’eventuale infiammazione tra la protesi e il tessuto circostante. Questo permetterà una migliore integrazione dell’impianto, riducendo così le complicazioni e promuovendo la rigenerazione ossea. Il rivestimento sarà costituito da un nuovo biomateriale biodegradabile, bioistruttivo e nano-funzionalizzato, caricato con vescicole extracellulari, incorporato sulla superficie microporosa e nano-ruvida delle protesi.Il prodotto biomedicale cercato dovrebbe, a lungo termine, diminuire il numero di interventi chirurgici di revisione degli impianti, con un impatto positivo sia sui tempi di ospedalizzazione sia sui costi. La nuova tecnologia sviluppata sarà destinata alla vendita e, successivamente, potrebbe essere applicata anche alle protesi di ginocchio primarie e secondarie, oppure a connettori come viti o chiodi endomidollari o dentali e a medicazioni per il trattamento delle ferite croniche o delle ustioni gravi.

Il Politecnico di Torino nel progetto EVPRO

Il Politecnico di Torino coordinerà la fase della caratterizzazione preclinica, i cui esiti sono decisivi al fine della trasferibilità in clinica dei prototipi sviluppati nell’ambito del progetto, in termini di citocompatibilità in vitro e potenzialità antiinfiammatoria. Il Politecnico di Torino è incaricato di organizzare le fasi di caratterizzazione preclinica. Il loro esito è considerato decisivo, secondo la stessa università torinese, «ai fini della trasferibilità delle tecnologie e dei prototipi sviluppati» alla pratica chirurgica quotidiana, testando la cito-compatibilità in vitro e le potenzialità antinfiammatorie dei rivestimenti sviluppati nel progetto. Sempre il team del Politecnico è il responsabile delle ricerche relative alla realizzazione di «un nuovo modello bioingegnerizzato del tessuto osseo fabbricato mediante tecniche di bioprinting».

Meno trattamenti e più qualità

Target primario di Extracellular vesicles promoted regenerative osseointegration sono i pazienti anziani, ai quali si cerca di garantire il mantenimento della mobilità e, per ciò stesso, il miglioramento della qualità di vita; l’aumento del benessere. L’idea è assicurare una coesistenza non problematica con le protesi minimizzando i potenziali fattori di rischio infiammatorio e quindi anche la necessità e la frequenza degli eventuali trattamenti medici successivi. Cuore dello studio è «l’impiego di rivestimenti bioattivi che, adattati sulla protesi, siano in grado di controllare l’eventuale infiammazione tra la protesi e il tessuto circostante».

In questo modo si otterrebbe «una migliore integrazione dell’impianto, diminuendo così le complicazioni e promuovendo la rigenerazione ossea». Il rivestimento si basa su un biomateriale di nuova generazione: è biodegradabile, bioistruttivo e nano-funzionalizzato, «caricato con vescicole extracellulari, incorporato sulla superficie microporosa e nano-ruvida delle protesi».

Impattando sul totale delle operazioni di revisione degli impianti, che avvengono con crescente frequenza, Evpro può rivelarsi vantaggioso per abbreviare i tempi di ospedalizzazione e tagliare la spesa a essi relativa. L’anca può rappresentare in più un punto di partenza, nella direzione di un più vasto ventaglio di possibili applicazioni. Per esempio, stando ancora a quanto ricordato dal Politecnico, «per le protesi di ginocchio primarie e secondarie; oppure i connettori quali le viti e i chiodi e le medicazioni per il trattamento delle ferite croniche o di gravi ustioni».

Al Politecnico di Torino sarà seguita la caratterizzazione delle protesi a contatto con le cellule del tessuto osseo e in previsione ci sono ulteriori esperimenti in ambienti tridimensionali tali da poter riprodurre fedelmente le situazioni biologiche reali. Ne guadagnano in efficacia le attività progettuali e aumentano le possibilità di ottenere indicazioni importanti per i passaggi successivi.

Diminuisce la necessità di compiere degli esperimenti su animali la cui capacità predittiva non è sempre precisa al 100%.

Il progetto nel suo complesso è per natura multidisciplinare e a esso concorrono conoscenze e approcci diversificati. Il gel, per esempio, è frutto dell’ingegno del Leibniz Institute di Aachen, in Germania. Si tratta appunto di gel che vengono poi arricchiti con agenti antinfiammatori: sostanze bioattive o vescicole ora in fase di sviluppo all’Ospedale Universitario di Essen. La componente industriale è rappresentata, nell’ambito dell’iniziativa, da Stryker, che ha il quartier generale ad Amsterdam in Olanda e una vasta esperienza nella produzione e nella commercializzazione di rivestimenti e protesi in titanio. Certificazione e validazione sono prerogative dell’altra olandese, Lonza Netherlands, che insieme al Politecnico e all’Ospedale di Bochum progetta le sperimentazioni in vitro per poi curare in autonomia quelle in vivo e biologiche.

 

 

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