venerdì, Novembre 22, 2024
SpecialitàodontoiatriaChemioterapia e radioterapia in chirurgia implantare

Chemioterapia e radioterapia in chirurgia implantare

I programmi di prevenzione e i progressi della chirurgia e della terapia medica in oncologia pongono anche l’odontoiatra nella condizione di intercettare sempre più spesso nella pratica clinica pazienti neoplastici in remissione di malattia o comunque lungo sopravviventi, dopo la chirurgia e la radioterapia e/o chemioterapia in setting adiuvante.

I pazienti sottoposti a radioterapia e/o chemioterapia possono essere “fragili” da un punto di vista osteo-metabolico e quando candidati a chirurgia implantare vanno gestiti con particolare cautela.

I pazienti sottoposti a radioterapia per una neoplasia della regione testa-collo possono presentare ai fini della osteo-integrazione implantare alcuni fattori di rischio come una riduzione della secrezione salivare (xerostomia), un’aumentata colonizzazione batterica favorente la comparsa di carie radio-indotta e infine un’aumentata incidenza di radio-necrosi mandibolare (la radioterapia influisce sul metabolismo osseo riducendo il numero di osteoblasti attivi, le cellule che depongono nuova matrice ossea, e alterando la vascolarizzazione dell’osso e del periostio attraverso l’induzione di una endoarterite obliterante) (1).

Le evidenze della letteratura inerenti la osteo-integrazione degli impianti in pazienti sottoposti a radioterapia della regione testa-collo sono discordanti e non univoche: nel complesso la percentuale di successo si aggira in un ampio range compreso fra il 40 e il 100% (2).

In questo setting di pazienti le principali raccomandazioni da seguire sono le seguenti: la chirurgia implantare dovrebbe essere eseguita almeno 21 giorni prima e almeno 9 mesi dopo la radioterapia e comunque mai durante il trattamento radiante e/o in corso di mucosite, la dose totale radiante dovrebbe essere inferiore a 66 Gy per minimizzare il rischio di osteoradionecrosi e inferiore a 50 Gy per ridurre il rischio di mancata osteointegrazione, l’ossigeno iperbarico dovrebbe essere usato per una dose radiante superiore a 50 Gy, il carico immediato dovrebbe essere evitato, e infine dovrebbero essere sempre assicurate una totale asepsi e una adeguata profilassi antimicrobica (1) [tabella 1].

Tabella 1. Raccomandazioni in pazienti candidati a chirurgia implantare in relazione a radioterapia testa-collo

Quando eseguire la chirurgia implantare rispetto alla radioterapia? Almeno 21 giorni prima e almeno 9 mesi dopo la radioterapia.

Mai durante il trattamento radiante.

Mai in corso di mucosite.

Esiste una dose radiante a rischio ai fini di osteoradionecrosi e mancata osteointegrazione? La dose totale radiante dovrebbe essere inferiore a 66 Gy per minimizzare il rischio di osteoradionecrosi.

La dose totale radiante dovrebbe essere inferiore a 50 Gy per ridurre il rischio di mancata osteointegrazione.

Esiste una indicazione all’utilizzo dell’ossigeno iperbarico? L’ossigeno iperbarico dovrebbe essere usato per una dose radiante superiore a 50 Gy.
E’ indicato il carico immediato? Il carico immediato dovrebbe essere evitato.
Quale copertura antibiotica? Deve sempre essere assicurata una adeguata profilassi antimicrobica.

 

Per quanto riguarda la chemioterapia, i principali fattori di rischio in relazione alla chirurgia implantare sono rappresentati dalla frequente comparsa di mucosite del cavo orale e dal variabile effetto tossico/citoriduttivo dei diversi chemioterapici sul midollo osseo (alla  leucopenia/neutropenia può conseguire immunodepressione e alla piastrinopenia facilità al sanguinamento gengivale) (1).

Uno dei pochi studi presenti in letteratura ha dimostrato che il trattamento chemioterapico con cis/carboplatino e 5-fluorouracile non influenza negativamente la sopravvivenza e il successo degli impianti in pazienti affetti da cancro del cavo orale (3).

E’ altresì vero che i pazienti già portatori di impianti dentali che sono sottoposti a successiva radioterapia e/o chemioterapia nel corso della vita presentano spesso a lungo termine un maggior tasso di complicanze quali infezioni, dolore, danno tissutale e sanguinamento gengivale (4).

In questo setting di pazienti le principali raccomandazioni da seguire sono le seguenti: eseguire una accurata visita odontoiatrica prima dell’inizio della chemioterapia al fine di valutare la necessità di una bonifica del cavo orale, prevenire e trattare la mucosite del cavo orale e rimandare se possibile eventuali cure odontoiatriche durante la chemioterapia, ed infine eseguire le cure odontoiatriche invasive dopo almeno 6 mesi dalla fine della chemioterapia dopo esecuzione di esame emocromocitometrico al fine di valutare la persistenza di leucopenia e/o piastrinopenia (1) [tabella 2].

Tabella 2. Raccomandazioni in pazienti candidati a chirurgia implantare in relazione a chemioterapia

E’ necessario eseguire una visita odontoiatrica prima dell’inizio della chemioterapia? E’ buona norma eseguire una accurata visita odontoiatrica prima dell’inizio della chemioterapia al fine di valutare la necessità di una bonifica del cavo orale.
E’ possibile eseguire la chirurgia implantare durante la chemioterapia? E’ buona norma rimandare se possibile eventuali cure odontoiatriche durante la chemioterapia.
Dopo quanto tempo dalla fine della chemioterapia è possibile eseguire la chirurgia implantare? E’ consigliabile eseguire le cure odontoiatriche invasive dopo almeno 6 mesi dalla fine della chemioterapia (dopo esecuzione di esame emocromocitometrico al fine di valutare la presenza di leucopenia e/o piastrinopenia).

 

In generale, la radioterapia e la chemioterapia non possono essere considerate controindicazioni assolute alla chirurgia orale, tuttavia va tenuto presente che i pazienti sottoposti a tali terapie sono “fragili”, maggiormente soggetti a complicanze che possono compromettere l’osteointegrazione implantare, soprattutto dopo radioterapia; trattandosi di pazienti oncologici, la valutazione odontoiatrica deve necessariamente tenere conto della complessità clinica, delle co-morbilità e della prognosi a breve e lungo termine.

Infine va ricordato che nuovi farmaci attualmente utilizzati nella pratica clinica per il trattamento di seconda linea di numerose neoplasie (anti-angiogenici: inibitori delle tirosinochinasi, bevacizumab) sono stati occasionalmente associati a casi di osteonecrosi del mascellare: il Position Paper della AAOMS (Società Americana dei Chirurghi Orali e Maxillo-facciali) fornisce utili raccomandazioni in questo setting di pazienti (5).

Bibliografia

1.Diz P, Scully C, Sanz M. Dental implants in the medically compromised patient. Dental implants in the medically compromised patient. J Dent. 2013 Mar;41(3):195-206.

2.Harrison JS, Stratemann S, Redding SW. Dental implants for patients who have had radiation treatment for head and neck cancer. Spec Care Dentist. 2003 Nov-Dec;23(6):223-9.

3.Kovács AF. Influence of chemotherapy on endosteal implant survival and success in oral cancer patients. Int J Oral Maxillofac Surg. 2001 Apr;30(2):144-7.

4.Karr RA, Kramer DC, Toth BB. Dental implants and chemotherapy complications. J Prosthet Dent. 1992 May;67(5):683-7.

5.Gregorio Guabello. Osteonecrosi delle ossa del cavo orale: linee guida di prevenzione e trattamento. Quintessenza Internazionale e JOMI. Anno 30. Numero 3. 2014.

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