Negli ultimi dieci anni il microbiota intestinale è passato da semplice “organo nascosto” a modulatore sistemico coinvolto in processi metabolici, immunitari e neuroendocrini. Lo studio “Repercussions of gastrointestinal microbiota in postmenopausal osteoporosis” (2025) pubblicato su Women’s Health fornisce un quadro completo delle interazioni tra microbiota e metabolismo osseo, con un’attenzione particolare all’osteoporosi postmenopausale (PMO) e ai meccanismi che legano disbiosi, infiammazione e perdita di massa ossea.
Microbiota e osso: un sistema integrato
Il microbiota intestinale è composto da circa 100 trilioni di microrganismi, dominati da Firmicutes, Bacteroidetes, Actinobacteria e Proteobacteria. La disbiosi, caratterizzata tipicamente da un aumento dei Firmicutes e una riduzione dei Bacteroidetes nelle donne osteoporotiche, è stata associata a un incremento dell’attività osteoclastica e a un deterioramento dell’architettura ossea.
Studi su animali germ-free hanno mostrato che l’assenza di microbiota si associa a maggiore densità trabecolare, riduzione delle citochine pro-infiammatorie e minore numero di precursori osteoclastici. La ricolonizzazione determina invece un rapido calo della massa ossea, evidenziando un ruolo diretto del microbiota nel determinare l’equilibrio osteoblasto-osteoclasta.
Asse immunitario: il ruolo dell’osteoimmunologia
La perdita estrogenica tipica della postmenopausa altera la barriera intestinale, aumenta la permeabilità e favorisce il passaggio di antigeni batterici nel circolo sistemico. Ne consegue l’attivazione di cellule Th17, la produzione di IL-17 e TNF-α e un incremento dell’osteoclastogenesi attraverso il pathway RANKL/RANK/OPG.
Lo studio conferma che:
- l’attivazione Th17 è un nodo critico nella PMO;
- le pazienti osteoporotiche mostrano una riduzione della diversità del microbiota e alterazioni nei taxa produttori di SCFA;
- modelli animali ovariectomizzati riproducono il quadro infiammatorio e la perdita ossea osservata nella clinica.
L’eccesso di IL-17A, in particolare, è indicato come mediatore chiave della perdita ossea estrogeno-dipendente.
Asse endocrino: microbiota come “organo endocrino”
L’interazione tra microbiota e ormoni steroidei è un’area emergente. La colonizzazione di topi germ-free aumenta significativamente i livelli circolanti di IGF-1, con effetti positivi sulla crescita ossea. Inoltre, il microbiota modula:
- la risposta dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene,
- la biotrasformazione di composti con attività estrogenica,
- la produzione di serotonina intestinale, che a sua volta influisce sulla formazione ossea.
Prove preliminari suggeriscono che probiotici selezionati possano influenzare il metabolismo osseo attraverso una regolazione endocrina, oltre che immunitaria.
Calcio, vitamina D e SCFA: un triangolo metabolico
La capacità del microbiota di migliorare l’assorbimento intestinale di calcio è un meccanismo centrale dell’asse intestino-osso. Gli SCFA, soprattutto butirrato, aumentano l’espressione delle proteine del trasporto transcellulare del calcio (TRPV6, calbindina D9k, PMCA1b) e favoriscono un microambiente intestinale a pH più basso, ottimale per la biodisponibilità del minerale.
Alcuni dati osservazionali suggeriscono che le donne postmenopausali con maggiore ricchezza microbica presentino livelli più elevati di BMD lombare.
Evidenze sui probiotici: un potenziale terapeutico
Lo studio sintetizza diversi trial clinici recenti che mostrano un effetto dei probiotici sulla densità ossea:
- Una combinazione di tre ceppi di Lactobacillus ha ridotto la perdita di BMD lombare in donne in postmenopausa precoce rispetto al placebo.
- Lactobacillus reuteri 6475 ha ridotto la perdita ossea in donne anziane con bassa BMD.
Questi effetti sembrano legati alla riduzione dell’infiammazione sistemica, al riequilibrio della barriera intestinale e alla modulazione del pathway IL-17A.
Tuttavia, la revisione sottolinea che:
- i ceppi non sono tutti equivalenti;
- i dosaggi efficaci non sono ancora standardizzati;
- la tollerabilità è generalmente buona, ma mancano dati a lungo termine;
- le evidenze più solide derivano ancora da modelli animali.
Limiti e direzioni future
Lo studio evidenzia un limite centrale: la maggior parte dei dati deriva da modelli ovariectomizzati o germ-free, che non ricapitolano completamente la complessità del microbiota umano. Mancano inoltre trial di lunga durata in donne postmenopausali, con endpoint robusti su fratture, turnover marker e imaging avanzato.
Le prospettive future includono:
- approcci di terapia personalizzata del microbiota,
- integrazione di tecniche multi-omics,
- possibilità di identificare “firme microbiche” predittive del rischio di osteoporosi,
- sviluppo di postbiotici mirati (es. butirrato, propionato).
Conclusioni
L’asse intestino-osso emerge come uno dei filoni più promettenti nella comprensione della PMO. Il microbiota influenza immunità, metabolismo endocrino e assorbimento del calcio, contribuendo in modo significativo al bilancio osteoclasto-osteoblasto. I probiotici, soprattutto ceppi selezionati di Lactobacillus, rappresentano una strategia potenzialmente utile come coadiuvante, ma non ancora un intervento standardizzabile.
La strada verso l’integrazione clinica richiederà trial di ampie dimensioni, definizione dei ceppi più efficaci e valutazione degli effetti a lungo termine. Lo studio analizzato fornisce una sintesi rigorosa di un campo in rapida evoluzione e conferma che il microbiota intestinale non è un semplice osservatore, ma un vero co-regolatore del metabolismo osseo nelle donne in postmenopausa.
Lo studio

