L’osteoporosi è una condizione cronica e progressiva, che richiede una terapia a vita. Una corretta valutazione dei rischi di frattura e dei provvedimenti da mettere in atto, inclusi stile di vita e farmaci appropriati, può massimizzare la qualità della vita della persona. Dal momento che l’osteoporosi colpisce molte donne in menopausa, è importante che coloro che le hanno in cura conoscano le migliori pratiche da applicare ai casi specifici. A questo scopo, la North American Menopause Society (NAMS) ha incaricato un gruppo di medici esperti in malattie del metabolismo osseo e/o di salute della donna per aggiornare la dichiarazione di posizione del 2010. L’aggiornamento si basa su prove fornite da trial clinici e, ove questo non era possibile, sulle migliori pratiche cliniche, come valutato dal gruppo di professionisti.
Raccomandazioni per la prevenzione dell’osteoporosi nelle donne in menopausa
La prevenzione è l’arma più efficace per evitare le conseguenze più gravi dell’osteoporosi. Il NAMS raccomanda che i medici incoraggino tutte le donne in menopausa ad assumere uno stile di vita che riduca il rischio di perdita ossea:
- avere una dieta bilanciata che consenta di assumere adeguate dosi di calcio e vitamina D. Secondo l’IOM (Institute Of Medicine), per le donne sopra i 50 anni l’assunzione giornaliera di calcio dovrebbe essere pari a 1000-1200 mg e quella di vitamina D pari a circa 400-600 IU (800 IU sopra i 70 anni). Gli integratori sono raccomandati solo laddove non è possibile raggiungere queste dosi tramite l’alimentazione;
- svolgere attività fisica regolarmente;
- mantenere il peso forma;
- evitare il fumo (che incrementa il rischio di fratture del 30%) e l’assunzione eccessiva di alcol;
- usare misure per evitare cadute, soprattutto nelle donne più anziane e con mobilità ridotta.
È importante anche la prevenzione secondaria: annualmente, il medico dovrebbe misurare altezza e peso corporeo, cifosi, dolore cronico alla schiena e rischi clinici per osteoporosi, fratture e cadute. Il professionista dovrebbe anche valutare la BMD (bone mass density) in tutte le donne che presentano almeno uno di questi fattori:
- età superiore a 64 anni;
- storia di fratture ad arti, schiena o anca dopo la menopausa;
- disturbi che comportano perdita ossea, quali:
- disordini alimentari;
- malattie infiammatorie croniche come artrite reumatoide e morbo di Crohn;
- patologie che comportano malassorbimento come la celiachia;
- endocrinopatie come iperparatiroidismo e sindrome di Cushing;
- terapie che causano osteopenia, come:
- glucocorticoidi assunti per oltre 3 mesi;
- inibitori dell’aromatasi;
- fenitoina e altri anticonvulsivanti;
- bypass gastrico.
Si può valutare di misurare la BMD anche in donne molto magre (più leggere di 57,7 kg o con BMI inferiore ai 21 kg/m2), fumatrici o che assumono troppo alcol, assunzione discontinua di estrogeni con altri fattori di rischio per fratture, assunzione di farmaci che predispongono a perdita di massa ossea o con storia di fratture in famiglia.
Raccomandazioni per la valutazione clinica per l’osteoporosi nelle donne post-menopausa
Il NAMS indica il DXA come tecnica di indagine preferenziale. Non è raccomandato l’uso routinario di marcatori biochimici per il turnover osseo. I parametri per la diagnosi sono da individuarsi nel T-score a livello di spina lombare, collo del femore e anca:
- T-score superiore a -1,0: normale;
- tra -1,0 e -2,5: osteopenia (ridotta massa ossea);
- inferiore a -2,5: osteoporosi.
Prima dei trattamenti per osteoporosi, per indagare possibili cause secondarie di osteopenia può essere utile anche eseguire esami del sangue (in particolare, conta completa delle cellule del sangue, calcio, albumina, fosfati, fosfatasi e creatinina).
Secondo il NAMS, l’imaging vertebrale è appropriato nelle donne dai 70 anni in su o in coloro che presentano una riduzione dell’altezza (HHL, historical height loss, calcolata come la differenza tra la maggiore altezza ricordata dalla paziente e quella attuale) superiore ai 3,8 cm.
Raccomandazioni per prevenzione farmacologica dell’osteoporosi nelle donne in menopausa
In ogni caso è consigliata un’attenta valutazione della storia medica della donna e l’intervento sulla dieta affinché sia corretta e fornisca la giusta dose di calcio e vitamina D. Il follow-up consentirà di rimodulare la terapia (che dovrà essere a vita) ove necessario.
Il NAMS raccomanda l’uso di farmaci per la prevenzione dell’osteoporosi in pazienti:
- che presentano T-score inferiore a -1,0 e una rapida perdita di massa ossea (causata ad esempio da una deficienza di estrogeni o l’interruzione di terapia ormonale sostitutiva);
- che presentano T-score inferiore a -1,0 e altri fattori di rischio (come una storia familiare di osteoporosi). In questo caso sono consigliati i bisfosfonati;
- la cui menopausa è prematura.
Nelle donne più giovani e in salute, soprattutto in quelle che presentano sintomi vasomotori, è raccomandata una terapia di estrogeni più progesterone o più bazedoxifene (o solo estrogeni nelle donne prive di utero). Dove gli estrogeni sono controindicati, il NAMS consiglia di preferire i bisfosfonati. Il raloxifene è indicato nelle donne a rischio di sviluppare cancro al seno e con sintomi vasomotori poco frequenti.
Raccomandazioni per il trattamento dell’osteoporosi
Tutti i farmaci approvati per l’osteoporosi hanno dimostrato di ridurre il rischio di fratture. Generalmente non è raccomandato assumere più farmaci differenti allo stesso tempo, mentre in alcuni casi le terapie sequenziali possono essere di aiuto in alcuni casi.
Il NAMS raccomanda il trattamento dell’osteoporosi con farmaci nelle donne in menopausa che:
- hanno avuto fratture all’anca o vertebrali;
- presentano T-score inferiori a -2,5 a livello di anca, spina lombare o collo del femore;
- hanno T-score superiori a -1,0 ma inferiori a -2,5 e una storia di fratture (esclusi a viso, piedi e mani) o un aumentato rischio di presentare fratture.
La terapia ottimale varia da caso a caso, in base a BMD e rischio di frattura. Nelle donne con rischio di frattura moderato si consiglia una terapia iniziale di bisfosfonati (soprattutto se in ottime condizioni renali) o raloxifene (soprattutto nelle donne ad alto rischio di cancro al seno e a basso rischio di frattura all’anca, ictus e tromboembolie venose). Se il rischio è alto, si raccomandano bisfosfonati o denosumab. Nelle donne ad altissimo rischio di frattura (ad esempio con fratture recenti, con molteplici fattori di rischio o con T-score inferiore a -3,0) è bene considerare terapie osteoanaboliche.
L’efficacia va sempre valutata tramite follow-up; se risulta subottimale occorre capirne i motivi. È consigliato cambiare terapia se non porta a miglioramenti entro pochi mesi o se dà effetti avversi non gestibili. Il trattamento deve essere continuato anche se il T-score supera il valore di -2,5, per cui il medico ha il compito di incoraggiare la paziente ad aderire alla terapia.
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