La COVID-19 coinvolge diversi sistemi biologici e organi, incluse le ossa. Probabilmente, questo si deve all’espressione quasi ubiquitaria del recettore ACE2, cui SARS-CoV-2 si lega per penetrare nelle cellule. Conoscere il legame tra la malattia e il sistema endocrino consente di personalizzare il trattamento dei pazienti ai fini di prevenire esiti più gravi o l’insorgenza di disturbi endocrini provocati da SARS-CoV-2. La European Society of Endocrinology (ESE) ha indagato il “fenotipo endocrino” della COVID-19 evidenziandone le implicazioni in ambito di prevenzione e trattamento.
Problemi endocrini della COVID-19
Il diabete è la comorbidità più frequente associata a gravità e mortalità da COVID-19; inoltre, SARS-CoV-2 risulta indurre questo disturbo. L’obesità aumenta la suscettibilità al SARS-CoV-2 e il rischio di eventi avversi da COVID-19. Per queste ragioni è importante il monitoraggio di dieta, livelli di glucosio del sangue e pressione arteriosa sia nei pazienti con COVID-19 sia in queste popolazioni particolarmente suscettibili.
Anche l’insufficienza adrenale è stata riscontrata in persone con COVID-19. Le cause potrebbero includere eventi trombotici nonché degenerazione e necrosi delle cellule adrenali corticali, riscontrata nelle autopsie. Le persone con insufficienza adrenale risultano quindi a rischio di crisi adrenale in caso di infezione da SARS-CoV-2, oltre a essere maggiormente a rischio di infezione a causa della compromissione delle difese immunitarie associata alla loro condizione. Anche i pazienti con ipercortisolismo (come in caso di sindrome di Cushing), in particolare le persone sotto trattamento con glucocorticoidi, risultano più a rischio di decorso grave.
Uno studio di Frara e colleghi ha recentemente riscontrato un possibile coinvolgimento della ghiandola pituitaria nel fenotipo endocrino della COVID-19, a causa di episodi di apoplessia ipofisaria in pazienti con COVID-19 e frequenti correlazioni con patologie legate all’ipofisi. Sono risultate frequenti anche le disfunzioni tiroidee, come tiroiditi subacute “atipiche” e malattia di Graves.
Carenza di vitamina D, ipocalcemia e fratture vertebrali risultano frequenti nei ricoverati con COVID-19 e impattano negativamente sul decorso della malattia. D’altra parte, anche l’osso è interessato in caso di diabete, molto presente nei decorsi gravi di COVID-19.
Non risultano particolari controindicazioni da vaccino anti COVID-19 per pazienti endocrinologici, per cui la vaccinazione è fortemente raccomandata.
COVID-19, ipocalcemia e ipovitaminosi D
Il calcio gioca un ruolo importante nell’azione di molti virus. L’ipocalcemia, già osservata in pazienti con SARS, è stata riscontrata in oltre 500 pazienti con COVID-19 e associata a parametri correlati all’ospedalizzazione e alla mortalità. Da diversi studi emerge quindi che bassi livelli di calcio sarebbero un carattere distintivo della COVID-19, utilizzabile come predittore della sua gravità. La ESE raccomanda, quindi, di misurare regolarmente i livelli di calcio di tutti i pazienti con COVID-19. Inoltre consiglia di monitorare e trattare adeguatamente i pazienti con ipoparatiroidismo, per prevenire ipocalcemia acuta.
Il calcio è coinvolto nella funzionalità cardiaca e dei neuroni, quindi l’ipocalcemia potrebbe contribuire attivamente agli esiti letali della COVID-19. Per questo è importante considerare anche i fattori che determinano questa condizione. La carenza di vitamina D potrebbe contribuirvi in modo rilevante. In effetti, l’ipovitaminosi D è riscontrata frequentemente nelle persone con COVID-19 (in quasi la metà dei casi da Hutchings e colleghi) ed è stata associata a maggiore gravità e mortalità da COVID-19. È possibile che questo avvenga perché la vitamina D è un importante modulatore delle risposte immunitarie.
COVID-19, fratture e osteoporosi
Tra le più frequenti co-morbidità della COVID-19 ci sono le fratture vertebrali, conseguenze assidue dell’osteoporosi. Come emerge dallo studio firmato di Filippo e colleghi, la mortalità dei pazienti con fratture vertebrali risulta doppia di quella dei pazienti che non ne presentano, con una correlazione con la gravità della frattura. In effetti, le persone con fratture sono generalmente più anziane delle altre, con maggiore incidenza di malattie cardiovascolari. Tuttavia, la presenza di fratture vertebrali può influire direttamente sull’esito della malattia perché diminuisce la funzione respiratoria e aumenta il rischio di polmoniti.
Il monitoraggio della salute ossea risulta quindi importante per la cura del paziente con COVID-19 e per la profilazione della malattia. Secondo gli autori, sembra molto significativo anche il significato prognostico della presenza di fratture vertebrali. Emerge anche l’importanza di un adeguato trattamento per l’osteoporosi ove necessario.
Conclusioni: le raccomandazioni dell’ESE su come gestire il fenotipo endocrino della COVID-19
La European Society of Endocrinology evidenzia l’urgenza di vaccinare tutti gli operatori sanitari, in particolar modo quelli che si occupano di pazienti con COVID-19, e i pazienti endocrinologici, dal momento che non emergono controindicazioni specifiche per queste persone ad alta priorità.
Il report evidenzia l’importanza di seguire misure preventive e protettive, inclusi controllo del peso e cura nutrizionale per prevenire malnutrizione, ipocalcemia e ipovitaminosi D, nei pazienti diabetici, negli obesi e negli anziani. Queste popolazioni devono anche essere indirizzate prontamente a cure mediche in caso di infezioni sospette da SARS-CoV-2.
Nei malati di COVID-19 è consigliato:
- verificare i livelli di calcio e fare radiografie toraciche all’ammissione, soprattutto in pazienti con ipoparatiroidismo e sintomi da ipocalcemia;
- monitorare il livello di glucosio ematico in tutte le persone ospedalizzate;
- monitorare glucosio ematico e pressione arteriosa nei pazienti diabetici;
- monitorare le persone con ipoadrenalismo, per eventuale aggiustamento del dosaggio di glucocorticoidi.
L’ESE raccomanda, inoltre, che teleconsulto e telemedicina siano praticati e implementati.