sabato, Luglio 27, 2024
SpecialitànefrologiaPerdita ossea dopo trapianto di rene

Perdita ossea dopo trapianto di rene

In uno studio portoghese, è stata valutata la correlazione fra alcuni biomarcatori e i risultati istomorfometrici derivanti da biopsie ossee

Dopo un trapianto di rene, la perdita ossea e in generale i disordini nel metabolismo osseo sono spesso causa di morbidità o anche di morte. Le malattie ossee post trapianto sono caratterizzate dal cambiamento nella densità ossea, cambiamento nella qualità ossea, cambiamento nel metabolismo dei minerali e in generale in una eziologia multifattoriale.

Il rischio di frattura risulta essere 4,8 volte più alto dopo il trapianto e il 30% più alto nei primi 3 anni. Da un precedente studio si è evinta una riduzione di attività ossea dopo 2 e 5 anni, cosa che suggerisce una riduzione della quantità ossea stessa.

Lo studio

Lo studio portoghese ha lo scopo di andare a valutare la correlazione fra risultati istomorfometrici di biopsie ossee di pazienti sottoposti a trapianto di rene e alcuni biomarcatori che recentemente sono stati associati in letteratura a disordini nel metabolismo osseo post-trapianto (CKD-MBD).

Studi effettuati su pazienti con malattie renali croniche hanno evidenziato una possibile correlazione fra CKD-MBD e biomarcatori facilmente misurabili nel plasma sanguigno. Uno di questi è la sclerostina, una glicoproteina espressa negli osteociti che promuove l’apoptosi degli osteoblasti tramite un meccanismo di inibizione del metabolismo cellulare. Il livello della concentrazione di questa proteina aumenta nei pazienti con malattie renali croniche e in pazienti dializzati e potrebbe essere un possibile indicatore di perdita ossea. La proteina Dickkopf-correlata 1 svolge una funzione centrale nello sviluppo e nella salute delle ossa e l’aumento della concentrazione sembra corrispondere a un aumento della massa trabecolare e corticale, secondo studi in vivo. Si sono inoltre seguiti come biomarcatori l’attivatore del recettore del fattore nucleare kappa- ligando Β (RANKL) e l’osteoprotegerina (OPG), la cui correlazione con l’istomorfometria ossea non è ancora ben compreso.

I risultati

Secondo lo studio, la concentrazione di sclerostina nei primi 12 mesi dopo il trapianto è diminuita, per poi aumentare nuovamente dopo 18 mesi.  Di contro la Dkk-1 si riduce dopo 18 mesi dal trapianto per poi rimanere stabile. Anche fra RANK e OPG è risultata esserci una relazione, con la prima che ha avuto un aumento significativo della concentrazione a 12, 18 e 24 mesi dopo il trapianto, mentre la seconda si riduce significativamente dopo 12 mesi dal trapianto. L’aumento della sclerostina nel plasma suggerisce l’inibizione della formazione di nuovo tessuto osseo e la diminuzione della concentrazione nei primi mesi potrebbe essere spiegata dall’aumento delle funzioni renali dovute al trapianto, per poi tornare ad aumentare per effetto engrafment. Altre ipotesi che sono state avanzate sono la presenza di disfunzione tubolare o il trattamento con glucocorticoidi. La contemporanea diminuzione dopo 18 mesi di Dkk-1 suggerisce un meccanismo compensatorio per cui l’inibizione di Dkk-1 aumenta la produzione di sclerostina e viceversa. Anche studi recenti sembrano andare verso la direzione di questo meccanismo. I dati suggeriscono inoltre che un aumento significativo dei livelli plasmatici del ligando RANK, accompagnato dalla significativa diminuzione della concentrazione del suo recettore esca OPG, un maggiore riassorbimento osseo da parte degli osteoclasti, meccanismo mediato proprio dal ligando.

Fonte: Magalhães J, et al. J. Clin. Med. 2022 

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