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Terapia anti-riassorbitiva e osteonescrosi dei mascellari

Francesco Bertoldo durante il suo intervento tenutosi in occasione del primo convegno di BoneHealth ha permesso di approfondire la gestione dell’osteonecrosi nel paziente con osteoporosi

La patologia dell’osteonecrosi dei mascellari (ONJ) collegata all’uso di farmaci, come ad esempio i bisfosfonati, è una problematica che affligge i pazienti affetti da osteoporosi. Recentemente, anche il trattamento terapeutico con farmaci contro l’angiogenesi come il bevacizumab e il sunitinib sono stati additati come possibili attori che favoriscono la formazione e l’aggravarsi di questa condizione.

Durante il convegno di BoneHealth tenutosi lo scorso 6 marzo Francesco Bertoldo, responsabile U.S. delle Malattie del Metabolismo e Osteoncologia del Dipartimento di Medicina del Policlinico G.B. Rossi di Verona, ha illustrato quale potrebbe essere il nesso tra l’utilizzo di questa classe di farmaci e l’utilizzo dei farmaci anti-riassorbitivi.

Come il bevacizumab influenza il turnover osseo

È stato visto come, in pazienti con carcinoma mammario, la terapia con bevacizumab porti ad una diminuzione del turnover osseo in maniera molto marcata. Studi di recente pubblicazione hanno analizzato a fondo questa problematica, ipotizzando che la ragione alla base di questo evento risieda nel blocco del VEGF, il quale ricopre un ruolo cardine nella neoformazione angiogenica ed è bersaglio di farmaci specifici come il bevacizumab.

Questo fattore è infatti prodotto dagli osteoblasti ed è fondamentale per reclutare i precursori degli osteoclasti dai capillari sinusoidi che circondano l’osso. Alterando questo delicato equilibrio tramite la somministrazione di farmaci anti-angiogenici, si va ad intaccare il turnover osseo, portando così al peggioramento delle ONJ.

Linee Guida SICMF/SIPMO: Cosa fare ma soprattutto cosa non fare

È importante ricordare come le ultime raccomandazioni da parte della SICMF e la SIPMO redatte nel marzo 2020 diano alcune fondamentali indicazioni nella gestione delle ONJ nel paziente osteoporotico. Oltre a suggerire allo specialista una corretta anamnesi dell’igiene orale del paziente per evidenziare un possibile rischio di osteonecrosi, le raccomandazioni pongono l’accento sulla classificazione dei pazienti in base al rischio obiettivo di ONJ.

Secondo questa classificazione, i pazienti con un rischio equiparabile a quello della popolazione generale (R0) sono quei pazienti in terapia da meno di 3 anni con bisfosfonati orali o intravenosi e denosumab, ad esclusione di quelli che hanno subito un trapianto di midollo osseo.

I pazienti più a rischio (Rx) invece, sono quei soggetti che sono in terapia da più di 3 anni o che presentano patologie pregresse come il diabete, una malattia reumatica (ad es. l’artrite reumatoide) o sono in terapia con glucocorticoidi. In questa tipologia di pazienti, al fine di prescrivere un percorso terapeutico che possa proteggerli da un alto rischio di frattura ed evitare allo stesso tempo l’insorgenza di ONJ, possono essere utilizzare i seguenti farmaci:

  • Teriparatide
  • Denosumab
  • Raloxifene
  • Basedoxifene o estrogeni
  • Clodronato
  • Ranelato di stronzio

Per entrambe le categorie di pazienti risulta invece inappropriato effettuare un’estrazione a scopo preventivo dei denti che presentano una totale o parziale inclusione. Allo stesso modo andrebbero evitati interventi di riabilitazione impiantologica in quei pazienti che assumo bisfosfonati o denosumab e l’uso di profilassi antibiotica prima di interventi odontoiatrici non invasivi.

Relativamente alla sospensione della terapia anti-riassorbitiva, le raccomandazioni SICMF/SIPMO suggeriscono di evitare una sospensione indiscriminata del percorso terapeutico in favore di un confronto tra il medico prescrittore e l’odontoiatra, al fine di analizzare sia il rischio fratturativo che quello di esordio di ONJ.

La sospensione andrebbe invece preferita nel caso in cui il paziente debba andare incontro ad un intervento di chirurgia orale piuttosto invasiva, rappresentata non tanto dalle estrazioni singole quanto da quelle multiple.

Non tutte le sospensioni vengono per nuocere: il caso del denosumab

L’ultima parte dell’intervento è stata dedicata alla gestione del paziente per il quale è stato sospeso il trattamento con denosumab. Essendo questo farmaco un anticorpo monoclonale, la sua sospensione porta ad un rapido wash-out della molecola, con conseguente riattivazione del turnover osseo e aumento del rischio di frattura.

L’aumento del turnover osseo può però tornare utile nel caso in cui si cerchi di prevenire l’insorgenza dell’osteonecrosi. È possibile, infatti, sfruttare il tempo tra la sospensione e la successiva ripresa del trattamento farmacologico per ottenere una finestra temporale piuttosto importante (circa 1 mese) nel quale il paziente possiede sia un ridotto rischio di incidenza di ONJ che una protezione da quello fratturativo.

Nel caso in cui si manifesti una ONJ nonostante le terapie di prevenzione, è comunque possibile ricorrere al teriparatide per poter tenere sotto controllo lo sviluppo della patologia. Le ultime linee guida, sia nazionali che internazionali, suggeriscono inoltre che la ripresa con bisfosfonati o denosumab sia raccomandabile con pazienti in cura per eventi di ONJ.

Nota importate è infine quanto riportato in uno studio del 2014, nel quale si è visto come pazienti affetti da mieloma multiplo e trattati clodronato abbiano avuto un rischio minore di incorrere in eventi di ONJ rispetto alla loro controparte trattata con zoledronato.

 

Fonte: Convegno BoneHealth 6 marzo 2021

 

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