sabato, Luglio 27, 2024
SpecialitàodontoiatriaTerapia antiaggregante e anticoagulante in chirurgia implantare

Terapia antiaggregante e anticoagulante in chirurgia implantare

Il paziente candidato a interventi di chirurgia implantare deve essere sottoposto ad un’accurata valutazione clinica, con lo scopo di indagare il suo stato generale di salute (1). Con il crescente invecchiamento della popolazione, l’odontoiatra intercetta sempre più spesso pazienti in età medio-avanzata o senile, con un’alta prevalenza di patologie croniche (cardiopatia ischemica, broncopneumopatia cronica ostruttiva, osteoporosi, diabete mellito, ipertensione arteriosa, neoplasie) e di politerapia farmacologia domiciliare (2). Farmaci spesso presenti nella anamnesi farmacologica del paziente sono rappresentati dagli antiaggreganti (prevenzione secondaria di eventi ischemici) e gli anticoagulanti orali (tromboembolia polmonare, fibrillazione atriale, protesi valvolare cardiaca).

In caso di programmato posizionamento di impianto, in relazione alla problematica della diatesi emorragica, le raccomandazioni riguardano essenzialmente le seguenti 3 categorie di pazienti:

-pazienti affetti da piastrinopenia
-pazienti in terapia anti-aggregante
-pazienti in terapia anti-coagulante orale.

In previsione di terapia implantare nei pazienti piastrinopenici, bisogna ricordare che un valore di piastrine compreso fra 50.000 e 100.000/mm3 si può associare a sanguinamento post-operatorio, un valore di piastrine compreso fra 20.000 e 50.000/mm3 si può associare a sanguinamento post-operatorio maggiore, infine un valore di piastrine inferiore a 20.000/mm3 si può associare a sanguinamento spontaneo delle mucose per cui è utile in quest’ultima categoria di pazienti valutare una terapia trasfusionale piastrinica antecedente la chirurgia orale (3).

Nei pazienti in terapia anti-aggregante (acido acetilsalicilico, ticlopidina, clopidogrel) non vi è indicazione a sospensione della terapia in quanto le  evidenze della letteratura non hanno documentato nessun sanguinamento anomalo durante o dopo intervento di chirurgia orale confrontando il gruppo di pazienti che sospende e il gruppo di pazienti che prosegue la terapia anti-aggregante (4-6).

Nei pazienti in terapia anti-coagulante orale (TAO) con farmaci antagonisti della vitamina K (warfarin, acenocumarolo), non vi è indicazione a sospensione della TAO fino a un valore di INR  (rapporto internazionale normalizzato) compreso fra 3 e 4, mentre per valori di INR superiori a 4 è raccomandato lo “switch” da anticoagulante orale a eparina a basso peso molecolare sottocute (3); in effetti una revisione sistematica della letteratura comprendente 19 studi su procedure di chirurgia orale (5 studi controllati randomizzati, 11 studi controllati e 3 studi prospettici) ha concluso che  un INR compreso fra 2 e 4 è compatibile con la chirurgia orale minore e che l’installazione di impianti è assimilabile alle estrazioni e non richiede la sospensione della terapia anti-coagulante; a scopo precauzionale si raccomanda l’utilizzo di emostatici (acido tranexamico 4,8% sciacqui 4 volte al giorno per 2 giorni) o di spugne emostatiche (7).

Discorso a parte e più complesso riguarda i pazienti in terapia con i nuovi farmaci anti-coagulanti orali (dabigatran, inibitore selettivo della trombina; rivaroxaban e apixaban, inibitori selettivi del fattore X attivato), indicati nella scoagulazione dei pazienti affetti da fibrillazione atriale non valvolare; rispetto ai farmaci antagonisti della vitamina K (warfarin, acenocumarolo), i nuovi farmaci anti-coagulanti orali presentano alcune peculiari caratteristiche: non sono monitorabili tramite il dosaggio dell’INR, sono strettamente influenzati dalla funzione renale, presentano un tempo di scomparsa dell’effetto anti-coagulante di sole 24 ore dalla sospensione della terapia, e non sono passibili di trattamento con antagonista (a differenza dei dicumarolici per i quali la vitamina K rappresenta l’antidoto di elezione).

In relazione alle modalità di sospensione della terapia anti-coagulante in previsione di un intervento di chirurgia orale, è necessario ricordare che l’estrazione dentaria fino a 3 denti, la chirurgia parodontale e il posizionamento di impianti sono considerate procedure a basso rischio emorragico, per cui nei pazienti con normale funzione renale gli esperti consigliano di programmare la procedura almeno 24 ore dopo l’ultima dose del farmaco, mentre in caso di ridotta funzione renale la procedura andrebbe programmata in modo diverso a seconda del tipo di trattamento in corso:

-nei pazienti in terapia con dabigatran, almeno 36 ore dopo l’ultima dose in caso di eGFR (estimated glomerular filtration rate) < 80 ml/min e almeno 48 ore dopo l’ultima dose in caso di eGFR < 50 ml/min;

-nei pazienti in terapia con apixaban e rivaroxaban, almeno 36 ore dopo l’ultima dose in caso di eGFR compreso fra 15 e 30 ml/min.

La ripresa della terapia anticoagulante è consigliata 6-8 ore dopo il termine della procedura di chirurgia orale (8).

Bibliografia

1.Clauser C, Weinstein T, Capsoni F (2011) Inquadramento diagnostico e valutazione sistemica del paziente. In: Manuale di chirurgia orale SICOI. Milano: Elsevier.

2.www.rssp.salute.gov.it

3.Hwang D, Wang HL. Medical contraindications to implant therapy: part I: absolute contraindications. Implant Dent. 2006;15(4):353-60.

4.Ardekian L, Gaspar R, Peled M, Brener B, Laufer D. Does low-dose aspirin therapy complicate oral surgical procedures? J Am Dent Assoc. 2000;131(3):331-5.

5.Madan GA, Madan SG, Madan G, Madan AD. Minor oral surgery without stopping daily low-dose aspirin therapy: a study of 51 patients. J Oral Maxillofac Surg. 2005;63(9):1262-5.

6.Krishnan B, Shenoy NA, Alexander M. Exodontia and antiplatelet therapy. J Oral Maxillofac Surg. 2008 Oct;66(10):2063-6.

7.Madrid C, Sanz M. What influence do anticoagulants have on oral implant therapy? A systematic review. Clin Oral Implants Res. 2009 Sep;20 Suppl 4:96-106.

8.Maestri E, Marietta M, Palareti G, Magrini N, Marata AM. Nuovi anticoagulanti Orali nella Fibrillazione Atriale. Pacchetti Informativi sui Farmaci 2013;1:1-12.

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