sabato, Luglio 27, 2024
SpecialitàreumatologiaTerapia combinata e sequenziale nell'osteoporosi post-menopausale

Terapia combinata e sequenziale nell’osteoporosi post-menopausale

Il trattamento dell'osteoporosi in donne post-menopausali è più efficace quando le terapie vengono somministrate in combinazione o in sequenza

Terapia combinata

Il teriparatide (polipeptide sintetico ricombinante dell’ormone umano paratiroideo) non induce solo un aumento della neoformazione ma induce anche un aumento del riassorbimento osseo, per questo motivo associarvi un anti-riassorbitivo come il romosozumab potrebbe potenziarne l’azione.

Questa ipotesi è validata da alcuni studi che prendono in considerazione combinazioni diverse di farmaci.

La prima possibilità è quella di affiancare al paratormone (PTH) l’aledronato; questa combinazione non determina però un aumento della densità minerale ossea (BMD) maggiore rispetto a quello ottenuto con i due farmaci somministrati singolarmente. Ciò significa che un aminobisfosfonato, come l’aledronato, somministrato settimanalmente potrebbe frenare l’effetto anabolico del PTH.

Se invece al teriparatide si associa un zoledronato basale la BMD aumenta in tutti i gruppi di pazienti; la BMD lombare è simile nel gruppo combinato, e nel gruppo teriparatide é maggiore rispetto al gruppo zoledronato; l’aumento della BMD femorale è simile nel gruppo combinato, mentre è maggiore rispetto al gruppo di sola teriparatide. Una singola somministrazione di zoledronato quindi non frena l’effetto anabolico del teriparatide alla colonna e allo stesso tempo previene la stimolazione del rimodeling corticale indotto da teriparatide.

Cosa succede invece se a teriparatide viene associato denosumab?

Uno studio molto importante pubblicato nel 2014 basato su due anni di somministrazione della combinazione teriparatide + denosumab in donne post m con osteoporosi ha dimostrato che la terapia combinata dà in assoluto i migliori effetti, aumentando la BMD significativamente di più rispetto ai due trattamenti singoli.

Nonostante nella nota 79 la terapia combinata non sia ancora citata, nella pratica clinica è sicuramente una scelta ottimale di trattamento, soprattutto per pazienti con un rischio molto alto di frattura valutando sempre ovviamente il rapporto rischio-beneficio.

Terapia combinata romosozumab + anti-riassorbitivo: è consigliata?

Il romosozumab è un farmaco che agisce simultaneamente stimolando la formazione ossea e inibendo il riassorbimento osseo, quindi una combinazione con altri farmaci per osteoporosi non apporterebbe nessun beneficio aggiuntivo.

Terapia sequenziale

Il caso più frequente è quello di un paziente che parte da terapia anabolica, avendo un rischio fratturativo molto alto, a cui verrà associato successivamente un anti-riassorbitivo. La prima possibilità è quella di far seguire ai due anni di teriparatide un bisfosfonato determinando un aumento progressivo di massa ossea; l’efficacia anti-fratturativa di teriparatide è mantenuta durante il successivo trattamento con bisfosfonato sia per le fratture vertebrali che per quelle non vertebrali.

Per quanto riguarda l’utilizzo di zoledronato dopo teriparatide, i dati in letteratura non sono molti.

In ambito della terapia sequenziale, vediamo cosa succede se dopo 2 anni di teriparatide facciamo seguire la terapia con denosumab. Il data study prima citato conferma ancora una volta che fare due anni di terapia successiva con denosumab è assolutamente vincente rivelandosi la miglior terapia sequenziale in termini di guadagno di massa ossea.

In ultimo vediamo l’azione di romosozumab.

Lo studio è stato fatto confrontando pazienti trattati con romosozumab versus placebo, e dopo un anno di terapia i pazienti sono passati a denosumab. Se dopo un anno di terapia anabolizzante con romosuzumab facciamo seguire denosumab vediamo che la BMD aumenta in modo simile nei due gruppi dopo passaggio a denosumab e a 24 mesi la differenza assoluta in BMD fra i due gruppi di trattamento ottenuta dopo 12 mesi viene mantenuta. In questo caso però la riduzione del rischio fratturativo è mantenuta solo per le fratture vertebrali.

Analogamente un altro studio di terapia sequenziale ha analizzato pazienti trattati per un anno con romosozumab e poi la terapia è proseguita con aledronato in modo efficace, l’aumento della BMD ottenuto dopo un anno di terapia anabolizzante viene mantenuto dall’aledronato, e la riduzione del rischio fratturativo viene mantenuta sia per le fratture vertebrali che per quelle non vertebrali. Questo studio purtroppo ha evidenziato parallelamente un rischio cardiovascolare nel gruppo romosozumab versus aledronato, ma andando ad eliminare i pazienti con un pregresso evento cardiovascolare, questa differenza scompare.

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