Uno studio clinico e genetico recentemente pubblicato sul Journal of Clinical Endocrinology & Metabolism analizza per la prima volta tre soggetti affetti da osteopetrosi autosomica dominante (ADO) associata a una variante missenso del gene TCIRG1. Storicamente legato alla forma recessiva della malattia, il gene TCIRG1 si dimostra in questo contesto responsabile di fenotipi dominanti con una variabilità espressiva notevole, sia sul piano clinico sia radiologico e funzionale. L’analisi comparativa di tre membri di una stessa famiglia apre nuovi scenari di diagnosi, interpretazione fenotipica e implicazioni terapeutiche per una patologia ancora largamente misconosciuta.
Osteopetrosi autosomica dominante
L’osteopetrosi autosomica dominante (ADO), nota anche come malattia di Albers-Schönberg, è una rara condizione genetica caratterizzata da un difetto del riassorbimento osseo da parte degli osteoclasti. Le ossa diventano paradossalmente dense ma fragili, predisponendo il soggetto a fratture, osteonecrosi, infezioni ossee e talvolta insufficienza midollare. Il gene principalmente coinvolto è da sempre considerato CLCN7, con mutazioni missenso che agiscono attraverso meccanismi dominanti negativi. Tuttavia, un nuovo studio condotto presso l’Indiana University School of Medicine e pubblicato nel 2024 ha identificato per la prima volta una variante missenso nel gene TCIRG1 come causa di ADO in età adulta.
Il gene TCIRG1 codifica per la subunità a3 della pompa protonica V-ATPasi, essenziale per l’attività di acidificazione degli osteoclasti. Mutazioni bialleliche in TCIRG1 sono ben note nel causare la forma recessiva (ARO) della malattia, spesso severa e a insorgenza infantile. L’osservazione in tre membri di una famiglia di una variante eterozigote c.1735G>A (p.Gly579Arg) ha permesso di ridefinire le potenzialità patogenetiche di questo gene anche in modalità dominante.
Tre volti della stessa mutazione
Il quadro clinico dei soggetti studiati mette in luce un’evidente eterogeneità di espressione. Il paziente II-1, maschio di 45 anni, ha manifestato numerose fratture atraumatiche, inclusi femore e metatarso, oltre a osteonecrosi della mandibola. La sorella, II-2, di 51 anni, ha avuto oltre 20 fratture nella vita, un andamento progressivamente invalidante e presenta attualmente una grave osteomielite della mandibola. In entrambi i soggetti sono stati rilevati livelli elevati dell’isoenzima cerebrale della creatinchinasi (CK-BB), anemia normocitica e densità ossea vertebrale estremamente aumentata (Z-score fino a +31).
Il terzo soggetto, III-1, figlio della paziente II-2, di 28 anni, ha invece un fenotipo quasi asintomatico: una singola frattura vertebrale in adolescenza, densitometria ossea moderatamente aumentata e funzione fisica normale. Non presentava anemia, alterazioni radiografiche significative né elevazione del CK-BB. Questa ampia variabilità intra-familiare ribadisce quanto già noto per le mutazioni in CLCN7, ma finora mai dimostrato nel contesto TCIRG1.
Radiologia e microarchitettura: tra iperostosi e normalità
La stratificazione fenotipica è stata ulteriormente approfondita mediante DXA, QCT e HR-pQCT. I due soggetti gravemente affetti mostravano aBMD e vBMD eccezionalmente elevati (es. 4,13 g/cm² alla colonna lombare e oltre 1000 mg/cm³ al QCT). Le immagini microarchitetturali evidenziavano un riempimento pressoché completo dello spazio midollare e un pattern sclerotico massivo, con rarefazione trabecolare e ridotta porosità corticale. Invece, il soggetto III-1 presentava immagini HR-pQCT del tutto nella norma, confermando l’assenza di compromissione osteoclastica significativa.
La funzione fisica come parametro clinico complementare
Le differenze si riflettono anche sulla capacità funzionale. Mentre II-1 e II-2 presentavano andatura lenta, scarsa resistenza al cammino e ridotta forza muscolare (valutata con chair stands test e dinamometria), III-1 risultava sostanzialmente nella norma in tutti i parametri. L’autovalutazione con PROMIS-PF confermava un impatto funzionale da moderato a severo nei soggetti più compromessi.
Analisi genetica: verso una nuova classificazione
L’identificazione della variante p.Gly579Arg in tutti e tre i soggetti, in assenza di alterazioni in CLCN7, rappresenta un cambio di paradigma. I test predittivi bioinformatici (PolyPhen-2, SIFT, SNAP2, FATHMM) hanno indicato un impatto potenzialmente deleterio sulla funzione proteica. Il residuo di arginina sostituisce una glicina in una posizione altamente conservata della subunità a3, alterando verosimilmente la struttura e l’attività della pompa protonica osteoclastica.
È interessante notare che la stessa variante è già stata riportata in soggetti con ARO a espressione attenuata, suggerendo che in determinati contesti possa esprimersi in modalità dominante. Questo studio documenta per la prima volta un pattern autosomico dominante associato a questa specifica mutazione.
Implicazioni cliniche e future prospettive
I dati raccolti spingono verso un aggiornamento delle strategie diagnostiche e classificative dell’osteopetrosi. TCIRG1 entra ufficialmente tra i geni da considerare anche in presenza di fenotipi dominanti, specie in casi non spiegati da CLCN7. Inoltre, l’ampia variabilità intra-familiare osservata impone una valutazione individualizzata del rischio clinico, che non può basarsi esclusivamente sul dato genetico.
Sul piano terapeutico, si aprono interrogativi interessanti: in che misura trattamenti antiresorptivi possono aggravare la condizione? La misurazione di biomarcatori come CK-BB potrà avere un valore prognostico? E ancora: l’approccio funzionale integrato – che combina imaging avanzato, test fisici e qualità di vita – potrebbe diventare standard nella valutazione e nel follow-up di questi pazienti?
Lo studio
Wade Jodeh, Amy J Katz, Marian Hart, Stuart J Warden, Paul Niziolek, Imranul Alam, Steven Ing, Lynda E Polgreen, Erik A Imel, Michael J Econs, Autosomal Dominant Osteopetrosis (ADO) Caused by a Missense Variant in the TCIRG1 Gene, The Journal of Clinical Endocrinology & Metabolism, Volume 109, Issue 7, July 2024, Pages 1726–1732.