venerdì, Luglio 4, 2025
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Implicazioni cliniche tra fragilità e osteoporosi senile

L’invecchiamento demografico è uno dei fenomeni più significativi del XXI secolo, accompagnato da un aumento delle malattie croniche e delle condizioni legate all’età avanzata. Tra queste, l’osteoporosi senile (SOP) rappresenta un problema di salute pubblica globale, caratterizzato da una perdita di massa ossea e da una fragilità strutturale che aumenta il rischio di fratture. La fragilità, definita come una condizione clinica complessa che riduce la capacità fisiologica di diversi sistemi corporei, è spesso associata all’osteoporosi senile, creando un circolo vizioso di declino fisico e funzionale.

Metodologia dello studio

Uno studio sistematico e una meta-analisi recentemente pubblicati hanno analizzato 18 studi per un totale di 9.664 pazienti. La ricerca ha incluso dati provenienti da diverse banche dati (come PubMed, Cochrane Library ed Embase) fino a giugno 2023, utilizzando criteri di inclusione rigorosi per garantire l’affidabilità dei risultati. Gli strumenti di valutazione della fragilità includevano scale validate, come il Fried Frailty Phenotype (FP), i criteri J-CHS e la scala FRAIL.

Risultati principali

L’analisi ha evidenziato che la prevalenza media di fragilità tra i pazienti con osteoporosi senile è del 37,8%. Tuttavia, il dato varia significativamente in base a fattori demografici e metodologici:

  • Età: la fragilità è più comune nei pazienti di età compresa tra 60 e 74 anni (47,4%) rispetto a quelli di età pari o superiore a 75 anni (33,3%). Questa discrepanza potrebbe essere spiegata da un bias di sopravvivenza selettiva, dove i pazienti più anziani e meno sani non partecipano agli studi.
  • Sesso: le donne mostrano una prevalenza di fragilità più elevata (27,7%) rispetto agli uomini (12,3%), a causa di fattori ormonali e di una maggiore perdita di massa ossea post-menopausale.
  • Paesi sviluppati vs. in via di sviluppo: nei Paesi in via di sviluppo, la fragilità raggiunge il 42,3%, rispetto al 23,2% nei Paesi sviluppati, probabilmente a causa di disparità nell’accesso alle cure sanitarie.
  • Strumenti di valutazione: la scala FRAIL ha riportato il tasso di prevalenza più elevato (47,2%), suggerendo che gli strumenti utilizzati possano influenzare significativamente i risultati.

Discussione

I risultati dello studio sottolineano una forte correlazione tra fragilità e osteoporosi senile, enfatizzando l’importanza di identificare precocemente i pazienti a rischio. La fragilità non è solo un predittore di fratture e disabilità, ma è anche associata a un aumento dei costi sanitari e a una riduzione della qualità della vita.

La maggiore prevalenza nelle donne riflette il ruolo centrale degli estrogeni nel mantenimento della salute ossea, mentre le disparità geografiche evidenziano l’urgenza di migliorare i sistemi sanitari nei Paesi a basso e medio reddito. Inoltre, l’aumento della prevalenza di fragilità dopo il 2015 (47,4%) potrebbe essere attribuito a un miglioramento degli strumenti diagnostici e a una maggiore consapevolezza clinica.

Implicazioni cliniche e raccomandazioni

Gli operatori sanitari devono adottare strategie mirate per la gestione della fragilità nei pazienti con osteoporosi senile, che includano:

  1. Screening precoce: implementare strumenti come la scala FRAIL per identificare tempestivamente i pazienti a rischio.
  2. Interventi personalizzati: sviluppare programmi di esercizio fisico e nutrizionali per migliorare la densità ossea e la forza muscolare.
  3. Supporto nei Paesi in via di sviluppo: promuovere l’accesso a cure di qualità attraverso politiche sanitarie e programmi educativi.
  4. Monitoraggio continuo: integrare la valutazione della fragilità nei programmi di gestione delle malattie croniche per prevenire esiti negativi.

La fragilità rappresenta una condizione diffusa e complessa nei pazienti con osteoporosi senile, richiedendo un approccio multidisciplinare per la prevenzione e la gestione. Investire in strumenti diagnostici efficaci e in interventi precoci può contribuire significativamente a migliorare la qualità della vita della popolazione anziana, riducendo al contempo il carico economico sui sistemi sanitari globali.

Lo studio

Yidie Hu, Huiqiong Xu, Wenting Ji, Jing Yang, Hang Li, Kexin Li, Li Zhang, Chaoming Hou, Jing Gao, Prevalence of frailty in senile osteoporosis: A systematic review and meta-analysis, Archives of Gerontology and Geriatrics, Volume 130, 2025, 105718, ISSN 0167-4943.

 

Inquinamento atmosferico, fattore di rischio per l’osteoporosi?

Con l’invecchiamento della popolazione e l’aumento dell’aspettativa di vita, il numero di persone affette da osteoporosi è in costante crescita. Le cause dell’osteoporosi sono multifattoriali e includono fattori genetici, età, sesso, dieta, stili di vita e condizioni mediche. Tuttavia, negli ultimi anni, l’esposizione a inquinanti atmosferici è stata identificata come un potenziale nuovo fattore di rischio per la salute delle ossa.

Il ruolo degli inquinanti atmosferici

L’esposizione prolungata a inquinanti atmosferici, in particolare al particolato fine (PM2.5), al biossido di zolfo (SO2) e all’ozono (O3), è stata associata a una riduzione della densità minerale ossea (BMD) e a un aumento del rischio di fratture osteoporotiche. Questi effetti sembrano essere mediati da diversi meccanismi biologici:

  1. Danno ossidativo e infiammazione: l’inalazione di particelle fini può indurre stress ossidativo e infiammazione sistemica, che a loro volta possono alterare il metabolismo osseo.
  2. Accumulo di metalli pesanti: alcuni metalli presenti nelle particelle inquinanti possono accumularsi nel tessuto osseo, interferendo con i processi di rimodellamento osseo.
  3. Disregolazione endocrina: alcuni inquinanti agiscono come distruttori endocrini, alterando l’equilibrio ormonale necessario per la formazione e il mantenimento della massa ossea.

Popolazioni a rischio

Le evidenze suggeriscono che alcune categorie di persone siano particolarmente vulnerabili agli effetti dell’inquinamento atmosferico sull’osteoporosi:

  • Donne: diversi studi hanno evidenziato una maggiore associazione tra esposizione agli inquinanti e riduzione della BMD nelle donne, probabilmente a causa delle variazioni ormonali legate alla menopausa.
  • Anziani: sebbene i dati siano eterogenei, le persone di età superiore ai 60 anni sembrano essere a maggior rischio di fratture correlate all’esposizione a inquinanti.
  • Persone con indice di massa corporea elevato: alcuni studi hanno indicato un rischio maggiore per individui con BMI superiore a 25, suggerendo una possibile interazione tra obesità e sensibilità agli inquinanti.
  • Residenti in aree urbane: l’esposizione cronica all’inquinamento è più elevata in contesti urbani rispetto a quelli rurali, rendendo gli abitanti delle città più suscettibili ai danni da inquinamento.

Evidenze epidemiologiche

Una revisione narrativa condotta su nove studi epidemiologici ha confermato il legame tra inquinamento atmosferico e salute ossea. I risultati più significativi includono:

  • Particolato fine (PM2.5): La maggior parte degli studi ha trovato un’associazione tra l’esposizione a lungo termine al PM2.5 e una maggiore incidenza di osteoporosi e fratture correlate.
  • Biossido di zolfo (SO2) e ozono (O3): Questi inquinanti sono stati collegati a un aumento delle ospedalizzazioni per fratture osteoporotiche, anche se i risultati sono meno consistenti rispetto al PM2.5.

Implicazioni per la salute pubblica

Con oltre 200 milioni di persone colpite da osteoporosi nel mondo, le implicazioni del legame tra inquinamento atmosferico e salute ossea sono enormi. Le politiche di mitigazione dell’inquinamento potrebbero avere un impatto positivo non solo sulla salute respiratoria e cardiovascolare, ma anche sulla prevenzione delle malattie muscolo-scheletriche.

Prospettive future

Per migliorare la comprensione di questo fenomeno, sono necessari studi epidemiologici più ampi e diversificati, che tengano conto di:

  1. Disegni di studio più robusti: i dati provenienti da coorti prospettiche consentirebbero di stabilire relazioni causali più solide rispetto agli studi trasversali o retrospettivi.
  2. Popolazioni di studio più rappresentative: espandere la ricerca a regioni meno studiate potrebbe migliorare la generalizzabilità dei risultati.
  3. Modelli analitici avanzati: approcci statistici innovativi potrebbero identificare meglio i modificatori di effetto e le popolazioni a rischio.

In conclusione, possiamo sostenere che l’inquinamento atmosferico rappresenta una nuova sfida per la salute pubblica in relazione all’osteoporosi. Sebbene siano necessarie ulteriori ricerche per confermare le evidenze e identificare le strategie di intervento più efficaci, è chiaro che affrontare l’inquinamento atmosferico non è solo una questione ambientale, ma anche una priorità per la salute globale. La collaborazione tra esperti di salute pubblica, ricercatori e politici è fondamentale per sviluppare azioni mirate che riducano l’onere di questa patologia silente.

Lo studio

Lee, H., Kim, Y., Ahn, S. et al. Association Between Air Pollution and Osteoporosis with High-Risk Populations: A Narrative ReviewCurr Osteoporos Rep 23, 4 (2025).

Microbiota intestinale e osteoporosi, una nuova frontiera nella salute ossea

L’osteoporosi rappresenta una delle principali malattie metaboliche dell’osso, con un impatto significativo sulla qualità della vita e sui costi sanitari globali. Recentemente, il microbiota intestinale (GM) è emerso come un importante mediatore nella regolazione del metabolismo osseo. Il GM, considerato un “organo endocrino” virtuale, è composto da trilioni di microrganismi che interagiscono con il sistema immunitario, endocrino e metabolico.

Studi preclinici e clinici hanno rivelato che alterazioni nella composizione e nella funzione del microbiota sono associate a cambiamenti nella densità minerale ossea (BMD) e nella qualità strutturale dell’osso.

Invecchiamento, microbiota e osteoporosi

Con l’avanzare dell’età, il microbiota intestinale subisce cambiamenti significativi, inclusa una riduzione della diversità microbica e un aumento della permeabilità intestinale. Studi sugli esseri umani e su modelli animali hanno dimostrato che l’invecchiamento è associato a una diminuzione di specie benefiche come Faecalibacterium prausnitzii e Lactobacillus, e a un aumento di batteri pro-infiammatori.

Nei roditori anziani, le alterazioni del microbiota sono correlate a una riduzione della BMD e a un peggioramento della microarchitettura ossea. Allo stesso modo, negli anziani umani, l’abbondanza di specie come Bacteroides sembra influenzare negativamente la densità ossea.

Metaboliti del microbiota e metabolismo osseo

I metaboliti prodotti dal microbiota, come gli acidi grassi a catena corta (SCFA) e gli acidi biliari, svolgono un ruolo cruciale nella regolazione ossea. Gli SCFA, derivati dalla fermentazione delle fibre alimentari, promuovono la formazione ossea attraverso l’attivazione delle cellule osteoblastiche e la riduzione dell’infiammazione sistemica. Inoltre, gli acidi biliari secondari regolano la differenziazione degli osteoclasti, influenzando il riassorbimento osseo.

Interventi sul Microbiota per Migliorare la Salute Ossea

Probiotici e Prebiotici

L’integrazione di probiotici e prebiotici ha dimostrato effetti positivi sulla salute ossea. Studi clinici hanno evidenziato che il Lactobacillus reuteri riduce la perdita ossea in donne in post-menopausa. I prebiotici, come i galatto-oligosaccaridi, favoriscono la crescita di batteri benefici, migliorando l’assorbimento di calcio e magnesio.

Trapianto di Microbiota Fecale (FMT)

Il trapianto di microbiota fecale da donatori sani è stato utilizzato con successo in modelli animali per invertire la perdita ossea. Ad esempio, il trasferimento di microbiota da giovani a topi anziani ha migliorato la BMD, suggerendo un potenziale uso clinico dell’FMT per trattare l’osteoporosi.

Prospettive future

Nonostante i progressi, restano alcune sfide. Gli studi clinici sull’uomo sono ancora limitati e è necessaria una migliore comprensione dei meccanismi molecolari sottostanti. Inoltre, l’identificazione di specifici ceppi batterici con effetti benefici sulla salute ossea potrebbe portare allo sviluppo di terapie personalizzate.

Il microbiota intestinale rappresenta una promettente area di ricerca per il trattamento e la prevenzione dell’osteoporosi. Attraverso la modulazione del microbiota e dei suoi metaboliti, è possibile influenzare positivamente il metabolismo osseo, aprendo la strada a nuove strategie terapeutiche. Tuttavia, la transizione dalle evidenze precliniche alla pratica clinica richiederà ulteriori studi rigorosi e multidisciplinari.

Le future ricerche dovrebbero anche esplorare il ruolo del microbiota in condizioni complesse, come l’osteosarcopenia e l’osteoporosi secondaria a patologie croniche.

Lo studio

Zheng, X. Q., Wang, D. B., Jiang, Y. R., & Song, C. L. (2024). Gut microbiota and microbial metabolites for osteoporosisGut Microbes17(1).

CTIBL, strategie per la prevenzione e la gestione della MRONJ

Il cancro alla mammella (BC) e alla prostata (PC) sono tra le patologie maligne più diffuse rispettivamente nelle donne e negli uomini. Le terapie ormonali adiuvanti, come gli inibitori dell’aromatasi (AI) e la terapia di deprivazione androgenica (ADT), rappresentano trattamenti standard, ma causano significativi effetti collaterali sulla salute ossea. La perdita ossea indotta da trattamento oncologico (CTIBL) si associa a fragilità scheletrica e a un aumentato rischio di fratture, gestita con farmaci antiriassorbitivi (BMAs) come bisfosfonati e denosumab. Tuttavia, l’uso di questi farmaci espone al rischio di osteonecrosi delle ossa mascellari correlata ai farmaci (MRONJ).

CTIBL e MRONJ: rischi e strategie preventive

La condizione di CTIBL si manifesta con una rapida riduzione della densità minerale ossea (BMD) e un’accelerazione del turnover osseo, aumentando il rischio di fratture già nei primi anni di terapia. Gli studi dimostrano che il rischio di frattura è 1,5-2 volte maggiore nei pazienti BC su AI e nei pazienti PC su ADT. Per prevenire queste complicanze, si raccomanda l’uso di BMAs a basso dosaggio, come zoledronato (4 mg ogni 6 mesi) e denosumab (60 mg ogni 6 mesi).

La MRONJ, una complicanza grave ma prevenibile, si presenta come necrosi progressiva del tessuto osseo mascellare in assenza di pregressa radioterapia o metastasi ossee. I pazienti oncologici trattati con BMAs per CTIBL mostrano un rischio di MRONJ comparabile a quello dei pazienti con osteoporosi trattati con gli stessi farmaci.

Prevenzione primaria della MRONJ

Le misure preventive devono iniziare prima dell’inizio della terapia con BMAs e proseguire durante e dopo il trattamento. Una valutazione odontoiatrica preliminare è raccomandata entro i primi sei mesi dall’inizio della terapia. Gli interventi non invasivi, come la terapia parodontale e il trattamento delle carie, sono prioritari per ridurre il rischio di infezioni dentali, principale fattore scatenante della MRONJ.

Procedure odontoiatriche consigliate:

  • Trattamenti non chirurgici: cure restaurative, trattamenti endodontici e terapia parodontale.
  • Procedure chirurgiche: estrazioni dentali e interventi implantari possono essere eseguiti con protocolli specifici per minimizzare il rischio di complicanze.
  • Gestione Farmacologica: Pause Profilattiche e Terapeutiche

La sospensione temporanea dei BMAs (“drug holiday”) può essere valutata per ridurre il rischio di MRONJ in pazienti ad alto rischio sottoposti a interventi odontoiatrici invasivi. Tuttavia, le raccomandazioni variano:

  • Bisfosfonati: per pazienti in trattamento da oltre tre anni, si consiglia una sospensione una settimana prima della procedura e la ripresa dopo 4-6 settimane dalla guarigione dei tessuti molli.
  • Denosumab: la sospensione è sconsigliata per evitare un’improvvisa perdita di BMD e un aumento del rischio di fratture vertebrali. In casi specifici, si può pianificare un ritardo di un mese nella somministrazione.

Trattamento della MRONJ

La gestione della MRONJ richiede un approccio multidisciplinare. Sebbene i trattamenti non chirurgici siano opzioni iniziali, la terapia chirurgica offre risultati più prevedibili in termini di guarigione e qualità della vita.

Interventi chirurgici raccomandati:

  • Sequestrectomia e curettage per stadi iniziali.
  • Rimozione dei segmenti ossei necrotici per stadi avanzati.

I pazienti in terapia con denosumab possono beneficiare di interventi meno invasivi grazie al ripristino del turnover osseo cinque mesi dopo l’ultima somministrazione.

Ripresa della Terapia Antiriassorbitiva Post-MRONJ

Dopo la guarigione della MRONJ, è essenziale riprendere la terapia antiriassorbitiva per prevenire fratture da fragilità. La decisione deve essere condivisa tra il medico specialista in salute ossea e il chirurgo maxillo-facciale, tenendo conto del rischio individuale del paziente.

Conclusioni

La prevenzione e la gestione della MRONJ nei pazienti BC e PC trattati con BMAs richiedono strategie personalizzate, adattate al rischio specifico del paziente. Le raccomandazioni congiunte SIPMO-SIOMMMS forniscono un riferimento pratico per gli specialisti, con l’obiettivo di minimizzare i rischi e migliorare la qualità della vita dei pazienti. Un approccio multidisciplinare è fondamentale per garantire risultati ottimali nella gestione della salute ossea.

Lo studio

Francesco Bertoldo, Cristina Eller-Vainicher, Vittorio Fusco, Rodolfo Mauceri, Jessica Pepe, Alberto Bedogni, Andrea Palermo, Umberto Romeo, Giuseppe Guglielmi, Giuseppina Campisi, Medication related osteonecrosis (MRONJ) in the management of CTIBL in breast and prostate cancer patients. Joint report by SIPMO AND SIOMMMS, Journal of Bone Oncology, Volume 50, 2025,
100656, ISSN 2212-1374

Osteoporosi in età pediatrica, segnale d’allarme per patologie sottostanti gravi

L’osteoporosi è una condizione caratterizzata da una riduzione della densità minerale ossea e da un aumento della fragilità scheletrica, con conseguente rischio di fratture. Sebbene sia più comune negli adulti, l’osteoporosi in età pediatrica è un evento raro e solitamente secondario a condizioni patologiche sottostanti. Tra queste, si annoverano malassorbimento, trattamenti chemioterapici, malattie reumatiche, utilizzo prolungato di corticosteroidi e alcune malattie endocrine.

Abbiamo analizzato, in merito a tale tematica, un caso clinico di particolare interesse: un bambino di 11 anni con una diagnosi iniziale di osteoporosi associata a fratture vertebrali da compressione, che ha successivamente rivelato una leucemia linfoblastica acuta pre-B. La storia clinica evidenzia l’importanza di un’approfondita indagine diagnostica in presenza di sintomi aspecifici.

Descrizione del caso clinico

Un bambino di 11 anni si è presentato con dolore lombare progressivo della durata di due mesi, associato a difficoltà nella deambulazione e nella flessione del tronco. Non erano presenti altri sintomi significativi, come febbre, perdita di peso o sudorazione notturna. Il dolore aumentava con il movimento e diminuiva a riposo.

All’esame obiettivo, il paziente mostrava una normale condizione generale, senza pallore, linfoadenopatia o organomegalia. La palpazione del rachide lombosacrale rivelava una marcata dolorabilità, mentre la mobilità era ridotta. Gli esami neurologici degli arti inferiori non evidenziavano deficit.

Le indagini radiologiche hanno mostrato osteopenia diffusa con fratture da compressione multiple a livello delle vertebre D7-D11. Una densitometria ossea (DEXA scan) ha evidenziato uno Z-score di -3,1, indicativo di osteoporosi grave.

Gli esami di laboratorio iniziali includevano un emocromo con valori sostanzialmente normali, eccetto per una lieve leucocitosi. Il test della tubercolina era negativo, mentre la risonanza magnetica (MRI) non mostrava evidenze di processi infettivi o neoplastici. Tuttavia, un’aspirazione midollare e la biopsia hanno rivelato più del 50% di blasti, confermando la diagnosi di leucemia linfoblastica acuta pre-B mediante immunofenotipizzazione.

La relazione tra osteoporosi e leucemia

L’osteoporosi è una complicanza nota della leucemia linfoblastica acuta (LLA), generalmente osservata dopo l’inizio del trattamento chemioterapico o steroideo. Tuttavia, questo caso è unico in quanto l’osteoporosi è stata il sintomo di presentazione primario della malattia. Studi precedenti riportano un’incidenza di fratture vertebrali fino al 32,5% nei pazienti pediatrici con LLA entro sei anni dalla diagnosi, ma i casi con manifestazioni ossee come unico segno iniziale sono estremamente rari.

Diagnosi differenziale

In questo paziente, la diagnosi differenziale includeva malattie come osteogenesi imperfetta, istiocitosi a cellule di Langerhans, mieloma multiplo e tubercolosi ossea. La conferma diagnostica è stata possibile grazie a un’analisi del midollo osseo, che ha evidenziato blasti positivi ai marcatori CD34, CD19 e CD10.

Implicazioni cliniche

Il caso sottolinea l’importanza di considerare malattie sistemiche gravi, come la leucemia, in presenza di osteoporosi acuta in bambini senza condizioni comorbide evidenti. La tempestiva identificazione di tali condizioni è cruciale per avviare un trattamento adeguato, migliorando significativamente la prognosi del paziente.

Conclusioni

Questo caso evidenzia come un’attenta valutazione clinica e diagnostica sia fondamentale nei bambini che si presentano con osteoporosi acuta. L’osteoporosi pediatrica, sebbene rara, può rappresentare il primo segno di patologie sistemiche gravi. Pertanto, un approccio multidisciplinare che coinvolga pediatri, oncologi e specialisti in salute ossea è essenziale per garantire una diagnosi precoce e un trattamento tempestivo.

Lo studio

Moras K J, Mundkur S C, George D M, Pereira R A. Osteoporosis in an 11 year old: a case report. Pediatr Oncall J. 2023 Jun 20. doi: 10.7199/ped.oncall.2025.45

Artrite psoriasica, sarcopenia e osteoporosi: una connessione sottovalutata

La gestione dell’artrite psoriasica (PsA) richiede un approccio complesso e multidisciplinare, soprattutto in presenza di comorbilità quali la sarcopenia e l’osteoporosi. Uno studio retrospettivo condotto presso il Nippon Life Hospital di Osaka, recentemente pubblicato su Nutrition, ha analizzato i tassi di queste condizioni e la loro associazione in un campione di pazienti con PsA.

I dati dello studio

Lo studio ha incluso 156 pazienti con diagnosi di PsA secondo i criteri CASPAR, i quali sono stati sottoposti a misurazioni di composizione corporea mediante assorbimetria a raggi X a doppia energia (DXA). Di questi, 127 presentavano dati completi sulla densità minerale ossea (BMD). La diagnosi di sarcopenia è stata effettuata seguendo i criteri del gruppo di lavoro asiatico sulla sarcopenia (AWGS), con valori soglia specifici per sesso relativi a SMI e forza di presa.

Risultati

Il tasso di sarcopenia nella popolazione analizzata è stato del 5,1%, con un ulteriore 16,7% di casi di presarcopenia. Tra i pazienti con dati di BMD, il 6,3% ha soddisfatto i criteri per l’osteoporosi. Le donne sono risultate più suscettibili all’osteoporosi rispetto agli uomini (7,5% contro 5,7%). Una correlazione significativa è emersa tra SMI, BMI e T-score, suggerendo che un basso indice di massa muscolare scheletrica contribuisce a un T-score inferiore nelle regioni della colonna lombare e del collo femorale.

Differenze di genere e fattori di rischio

Le donne partecipanti erano mediamente più anziane e con un BMI inferiore rispetto agli uomini, il che potrebbe spiegare la maggiore prevalenza di osteoporosi. Inoltre, i dati indicano che i pazienti con sarcopenia o presarcopenia presentano un T-score significativamente più basso, evidenziando il ruolo critico della massa muscolare nella salute ossea.

Implicazioni cliniche

Questi risultati sottolineano l’importanza di monitorare la composizione corporea nei pazienti con PsA, soprattutto per identificare precocemente la sarcopenia e l’osteoporosi. Interventi terapeutici, inclusi esercizio fisico mirato e l’uso di farmaci osteoattivi come denosumab e bisfosfonati, potrebbero non solo migliorare la densità minerale ossea ma anche preservare la massa muscolare.

Limiti dello studio e conclusioni

Essendo uno studio retrospettivo, i risultati non possono stabilire causalità. Inoltre, l’assenza di dati su attività fisica, stile di vita e durata del trattamento farmacologico rappresenta una limitazione significativa.

Questo studio contribuisce alla crescente evidenza sull’interazione tra sarcopenia e osteoporosi nei pazienti con PsA. L’integrazione di strategie di gestione personalizzate, basate su dati di composizione corporea, potrebbe migliorare significativamente la qualità di vita e gli esiti clinici in questa popolazione complessa.

Lo studio

Kenji Takami, Mari Higashiyama, Shigeyoshi Tsuji, Sarcopenia and osteoporosis in patients with psoriatic arthritis: A single-center retrospective study, Nutrition, Volume 129, 2025, 112595, ISSN 0899-9007

Antiossidanti e salute ossea, un’analisi critica su densità minerale ossea e supplementazione

La ridotta attività meccanica dello scheletro, come avviene durante lunghi periodi di riposo a letto o missioni spaziali, è associata a una significativa perdita ossea. Questo fenomeno è stato attribuito a un aumento dello stress ossidativo e alla diminuzione della densità minerale ossea (BMD) e del contenuto minerale osseo (BMC) in regioni critiche come la colonna lombare e il femore.

La supplementazione nutrizionale rappresenta una possibile strategia per mitigare questi effetti, ma il suo impatto concreto sulla salute ossea rimane poco chiaro. Per affrontare questa lacuna, uno studio recente ha valutato l’efficacia di un cocktail di antiossidanti su 20 uomini sani sottoposti a 60 giorni di riposo a letto inclinato a 6° (HDBR).

Metodologia dello studio

Lo studio, randomizzato e controllato, ha coinvolto due gruppi: uno trattato con un supplemento di antiossidanti (contenente 741 mg/d di polifenoli, 2,1 g/d di omega-3, 168 mg/d di vitamina E e 80 μg/d di selenio) e un gruppo di controllo senza supplementazione. Durante il periodo di HDBR, sono state monitorate la BMD e il BMC a livello corporeo totale, della colonna lombare e del femore mediante assorbimetria a raggi X a doppia energia (DXA), oltre ai parametri strutturali ossei mediante tomografia computerizzata ad alta risoluzione (HR-pQCT).

Risultati principali

Effetti sulla BMD e sul BMC

  • BMD corporea totale e del femore: Entrambi i gruppi hanno mostrato un calo significativo durante il periodo di recupero. Tuttavia, non sono state rilevate differenze significative tra i gruppi trattati e di controllo.
  • BMD lombare: Nessun cambiamento significativo è stato osservato durante lo studio.
  • BMC: Analogamente alla BMD, non sono emerse differenze rilevanti tra i due gruppi.

Parametri strutturali ossei

  • Densità volumetrica (vBMD) e spessore corticale e trabecolare: Il cocktail antiossidante non ha influenzato significativamente i parametri misurati al radio e alla tibia.
  • Fase di recupero: I parametri ossei sono tornati ai livelli di base per la maggior parte dei soggetti entro 30 giorni dalla fine del periodo di HDBR.

Discussione

I risultati dello studio non supportano l’utilizzo di supplementi antiossidanti per prevenire la perdita ossea in condizioni di immobilizzazione. Sebbene gli antiossidanti possano ridurre lo stress ossidativo, i loro effetti sulla BMD e sulla struttura ossea non sono clinicamente rilevanti nel breve termine.

Limitazioni dello studio

  1. Popolazione omogenea: Lo studio ha incluso solo uomini sani, escludendo possibili variazioni legate al sesso e all’età.
  2. Durata limitata: Periodi di intervento più lunghi potrebbero essere necessari per rilevare cambiamenti clinicamente significativi.
  3. Stato antiossidante iniziale: L’assenza di dati sui livelli basali di antiossidanti nei partecipanti limita la generalizzabilità dei risultati.

Implicazioni cliniche

Questi risultati suggeriscono che, in soggetti con una dieta equilibrata, la supplementazione di antiossidanti potrebbe non fornire benefici aggiuntivi per la salute ossea. Tuttavia, in popolazioni a rischio, come gli anziani con bassi livelli di antiossidanti circolanti, ulteriori ricerche potrebbero esplorare approcci personalizzati.

La prevenzione della perdita ossea richiede strategie multifattoriali. L’attività fisica e un’alimentazione ricca di nutrienti essenziali rimangono le principali raccomandazioni per mantenere la salute ossea. Studi futuri dovrebbero approfondire il ruolo degli antiossidanti in popolazioni vulnerabili e in condizioni di esposizione prolungata, come nei viaggi spaziali.

Lo studio

Austermann, K.Baecker, N.Zwart, S.R.Fimmers, R.Stehle, P.Smith, S.M. et al. (2023Effects of antioxidant supplementation on bone mineral density, bone mineral content and bone structure in healthy men during 60 days of 6° head-down tilt bed rest: Results from a randomised controlled trialNutrition Bulletin48256266.

Chirurgia protesica al ginocchio, formazione specializzata

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MakingLife, con il contributo non condizionante di Enovis, organizza un corso di Chirurgia protesica al ginocchio: lezioni teoriche e attività in campo per un programma volto a perfezionare la formazione di nove chirurghi ortopedici neo-specialisti.

La prima edizione del corso, alla cui direzione vi è dott. Nicola Ursino e vede in qualità di Responsabile Scientifico il dott. Federico Valli, che interverrà anche nella lezione in live-streaming, sarà erogata da marzo 2025.

Le tappe del percorso

Il corso di alta specializzazione alterna lezioni teoriche con formazione in campo, che saranno svolte presso l’IRCSS Ospedale Galeazzi – Sant’Ambrogio e il Trecchi Human Lab a  Cremona.

  • Lezione online in live streaming: 3 marzo 2025
  • Sala operatoria: 2 giornate di training in blocco operatorio a marzo
  • Cadaver Lab: una sessione di una giornata

Quali competenze?

Il corso è volto a fornire una formazione completa volta ad acquisire conoscenze teoriche e competenze pratiche per la corretta gestione delle soluzioni protesiche più innovative e delle relative metodiche di utilizzo.

Per scoprire il programma del webinar del 3 marzo e la Faculty coinvolta scarica qui la locandina.

Gli effetti del lockdown sulla densità minerale ossea

La pandemia di COVID-19 ha rappresentato una sfida senza precedenti per la salute pubblica, ma gli effetti indiretti sulle condizioni ossee dei giovani adulti emergono solo ora. Lo studio condotto su 773 giovani slovacchi di età compresa tra i 18 e i 30 anni ha rivelato una riduzione significativa della qualità ossea durante il periodo pandemico rispetto a prima.

I parametri analizzati

Lo studio ha esaminato due gruppi di partecipanti: un gruppo pre-pandemia (387 individui) e uno durante la pandemia (386 individui). Sono stati raccolti dati su diversi aspetti dello stile di vita, tra cui:

  • Attività fisica: Sebbene il livello generale di esercizio fisico non abbia mostrato variazioni significative, il comportamento sedentario è aumentato.
  • Vitamina D: L’assunzione di integratori di vitamina D è cresciuta dal 13,4% al 43,3%, a causa della ridotta esposizione solare durante i lockdown.
  • Fumo e alcol: La prevalenza di fumatori è aumentata dal 15,5% al 21,8%, mentre il consumo di alcol è diminuito dal 93% all’88,3%, probabilmente a causa delle limitazioni sociali.

I risultati chiave

I dati hanno evidenziato una riduzione significativa della densità minerale ossea (BMD) e del contenuto minerale osseo totale (BMC) nel gruppo pandemico:

  • Densità ossea: Nei giovani uomini, la velocità del suono (SOS) lungo il radio è diminuita da 4045 m/s a 3987 m/s. Un calo simile è stato osservato nelle donne, passando da 4100 m/s a 4040 m/s.
  • Z-score: Il punteggio medio è sceso da -0,04 a -0,51 nelle donne e da -0,23 a -0,58 negli uomini, indicando una maggiore fragilità ossea.

Implicazioni cliniche

Questi risultati suggeriscono che il lockdown ha avuto effetti negativi sulla salute ossea, in particolare tra i giovani adulti, solitamente considerati a basso rischio. Le principali cause includono:

  1. Ridotta esposizione al sole: La sintesi di vitamina D è stata compromessa, influenzando negativamente l’assorbimento del calcio.
  2. Aumento del comportamento sedentario: L’inattività fisica ha ridotto lo stimolo meccanico necessario per mantenere la robustezza ossea.
  3. Cambiamenti nella dieta: Un maggiore consumo di alimenti processati potrebbe aver contribuito alla riduzione della qualità ossea.

Strategie di prevenzione

Per affrontare questi effetti, è fondamentale implementare strategie di prevenzione:

  • Promuovere l’attività fisica: Attività regolari come esercizi di resistenza e aerobici possono migliorare la densità ossea.
  • Incentivare l’assunzione di vitamina D: L’uso di integratori dovrebbe essere considerato nei periodi di ridotta esposizione al sole.
  • Educazione alimentare: Promuovere diete ricche di calcio e nutrienti essenziali per la salute ossea.

Conclusioni

La pandemia ha evidenziato quanto stili di vita improvvisamente alterati possano incidere negativamente sulla salute ossea. È essenziale che i clinici considerino questi effetti nel monitoraggio e nella gestione a lungo termine della salute ossea nei giovani adulti. Studi futuri dovrebbero esaminare l’impatto post-pandemico per sviluppare interventi mirati e prevenire complicazioni, come osteoporosi e fratture, nelle fasi successive della vita.

Lo studio

Falbová, D.Kovalčíková, V.Beňuš, R.Sulis, S., & Vorobeľová, L. (2024). Effect of COVID-19 pandemic on lifestyle and bone mineral density in young adultsAmerican Journal of Human Biology36(4), e24009.

Transizione menopausale, una sfida per BMD e prevenzione delle fratture

La transizione menopausale (MT), un periodo di circa quattro anni che include i due anni prima e dopo l’ultima mestruazione, è caratterizzata da rapidi cambiamenti nella composizione corporea. Durante questa fase, si osserva una diminuzione della massa magra e un aumento della massa grassa, fenomeni che accelerano i processi di perdita ossea e incrementano il rischio di fratture.

Cambiamenti della composizione corporea nella MT

La riduzione della massa magra durante la MT è associata a una diminuzione della densità minerale ossea (BMD), in particolare a livello del collo femorale. Al contrario, l’aumento della massa grassa, sebbene possa contribuire a incrementare la BMD tramite carichi meccanici e la produzione di estrogeni periferici, è anche correlato a un aumento del rischio di fratture, probabilmente a causa di una maggiore suscettibilità alle cadute e all’infiammazione cronica indotta dall’adiposità.

Metodologia dello Studio

Lo studio SWAN (Study of Women’s Health Across the Nation) ha seguito 539 donne per oltre 14 anni, analizzando i cambiamenti di massa magra e grassa durante la MT e correlando questi dati con la BMD e il rischio di fratture post-menopausali. Sono state utilizzate tecniche di assorbimetria a raggi X (DXA) per valutare la composizione corporea e la BMD, mentre le fratture sono state monitorate tramite questionari standardizzati.

Risultati Principali

  1. Perdita di Massa Magra: Ogni deviazione standard (SD) di perdita di massa magra durante la MT è associata a una riduzione significativa della BMD del collo femorale (-0,010 g/cm²) e a un aumento del 63% del rischio di fratture.
  2. Guadagno di Massa Grassa: Ogni SD di aumento di massa grassa è associata a un incremento della BMD del collo femorale (+0,026 g/cm²) e della colonna lombare, ma anche a un rischio aumentato del 28% di fratture.
  3. Fratture Post-Menopausa: Le fratture più comuni sono state quelle non-anca, con un’incidenza del 12%, confermando l’importanza della composizione corporea come fattore di rischio indipendente dalla BMD.

Questi risultati sottolineano che i cambiamenti della composizione corporea durante la MT contribuiscono al rischio di fratture attraverso percorsi multipli. La perdita di massa magra compromette la BMD e aumenta la fragilità scheletrica, mentre il guadagno di massa grassa, nonostante i suoi effetti positivi sulla BMD, amplifica i rischi legati alle cadute.

Implicazioni Cliniche

Per ridurre il rischio di fratture, è fondamentale implementare strategie volte a:

  • Preservare la Massa Magra: Promuovere l’attività fisica di resistenza e un’adeguata assunzione proteica.
  • Gestire la Massa Grassa: Favorire una dieta equilibrata e un controllo ponderale per ridurre l’infiammazione cronica.
  • Monitorare la Salute Ossea: Screening regolare della BMD e valutazioni del rischio di fratture.

Conclusioni

La transizione menopausale rappresenta un’opportunità cruciale per intervenire sui fattori modificabili che influenzano la salute scheletrica. Approcci integrati che includano modifiche dello stile di vita e interventi medici mirati possono migliorare significativamente gli esiti a lungo termine per le donne in post-menopausa.

Lo studio

Albert Shieh, Arun S. Karlamangla, Carrie A. Karvonen‐Guttierez, Gail A. Greendale, Menopause‐Related Changes in Body Composition Are Associated With Subsequent Bone Mineral Density and Fractures: Study of Women’s Health Across the Nation, Journal of Bone and Mineral Research, Volume 38, Issue 3, 1 March 2023, Pages 395–402