venerdì, Novembre 22, 2024
SpecialitànefrologiaCKD-MBD: definizione ed eziopatogenesi

CKD-MBD: definizione ed eziopatogenesi

Nel corso del congresso BoneHealth 2022, Maurizio Gallieni ha descritto il percorso fatto nella definizione delle patologie ossee nel paziente renale

La CKD-MBD (Chronic Kidney Disease-Mineral and Bone Disorder) è un disturbo del metabolismo minerale in pazienti con patologia renale cronica (CKD, o nefropatia cronica). Ha trattato il tema Maurizio Gallieni, del Dipartimento di Scienze Biomediche e Cliniche, Università degli Studi di Milano, in occasione del congresso BoneHealth 2022, “Gestione integrata della salute dell’osso in specifici setting clinici”. Nel corso della prima sessione della giornata, “Patologia dell’osso nella malattia renale cronica”, ha ripercorso le principali tappe della definizione di CKD-MBD e la sua eziopatogenesi, concludendo l’intervento con gli obiettivi terapeutici.

 

Il concetto di CKD-MBD

Il nome Chronic Kidney Disease-Mineral and Bone Disorder, CKD-MBD, è stato coniato nel 2006, nello studio della KDIGO, una delle organizzazioni internazionali che delineano linee guida per i disturbi del rene. Il nuovo termine, CKD-MBD, definisce una malattia sistemica del metabolismo osseo e minerale che include uno o più dei seguenti domini:

  • Anomalie di laboratorio o bioumorali del metabolismo minerale. Queste comportano una diminuzione di calcio e calcitriolo e un aumento di fosforo, paratormone (PTH), FGF-23, fosfatasi alcalina. In studi successivi si sono aggiunti l’aumento della sclerostina e una diminuzione di klotho.
  • Osteodistrofia renale. Disturbi legati all’istopatologia ossea: in turnover osseo, mineralizzazione, volume, crescita lineare o forza dell’osso
  • Disturbi cardiovascolari, in quanto la CKD-MBD può provocare calcificazione vascolare (con conseguente irrigidimento delle arterie), dei tessuti molli o di altri tessuti.

Precedentemente era in uso il termine osteodistrofia renale, quindi si considerava soltanto un sottoinsieme delle caratteristiche della patologia.

Dal punto di vista delle manifestazioni cliniche, la CKD-MBD comporta principalmente:

  • Iperplasia della ghiandola paratiroide. L’iperparatiroidismo può comportare danno osseo e la necessità di paratiroidectomia.
  • Calcificazioni delle pareti vasali, che possono comportare malattie cardiovascolari: i pazienti con queste calcificazioni hanno un rischio di complicazioni cardiovascolari nettamente maggiore rispetto a pazienti che non hanno nefropatia cronica.
  • Disturbi ossei, che aumentano il rischio di fratture.

 

CKD-BMD e anomalie del metabolismo minerale

L’alterazione del metabolismo minerale è una risposta funzionale all’insufficienza renale; solo in una fase successiva si ha un maladattamento che determina problemi clinici. Sono diversi i meccanismi coinvolti in questo processo.

Nella malattia renale cronica (CKD) si ha una ritenzione di fosforo che determina l’aumento di FGF-23 (Fibroblast Growth Factor-23). Questo fattore di crescita:

  • Riduce la sintesi di calcitriolo, determinando un aumento di PTH, che alzerà il livello di calcio;
  • Sopprime l’assorbimento del fosforo, aumentando la fosfaturia. Quindi, aumenterà la produzione di paratormone. Livelli elevati di paratormone, soprattutto in pazienti dializzati, determinano un riassorbimento osseo così elevato che si può avere un aumento della fosforemia in presenza di danno renale che non risponde più fisiologicamente allo stimolo fosfaturico.
  • Inibisce la sintesi di vitamina D (che a sua volta comporta un’upregolazione della FGF-23);
  • Riduce l’espressione di paratormone (il quale stimola la produzione di FGF-23).

Nelle paratiroidi si ha proliferazione policlonale di cellule paratiroidee che comporta una riduzione della normale regolazione. Alcuni di questi gruppi cellulari determinano noduli che non rispondono più alla regolazione fisiologica: si riduce la concentrazione di calcium-sensing-receptor e del recettore vitamina D. Quindi, si hanno adenomi de facto, portando a un iperparatiroidismo terziario: aumenta molto la sintesi di paratormone, con determinazione di ipercalcemia.

 

Anomalie metaboliche e fasi della malattia renale

Nella progressione della malattia renale, l’aumento di FGF23 è il primo parametro a poter essere rilevato, seguito dall’aumento di paratormone, di vitamina D e calcio e dal calo progressivo del filtrato glomerulare. Molto tardivamente si ha un aumento dei livelli ematici di fosforo. La variazione non risulta ampia, ma si tratta comunque di un’alterazione fondamentale nel determinare le anomalie della patologia.

È noto da decenni che il fosforo ha un ruolo chiave nella patogenesi della CKD-MBD. Nel 1972, in un gruppo di cani Slatoposlky e colleghi ridussero progressivamente l’introito di fosforo nella dieta in proporzione alla diminuzione di filtrato glomerulare. Il team scoprì che in questo modo fosforo, calcio, e PTH restavano stabili nella malattia renale cronica. Studi successivi, come “Phosphate toxicity in CKD: the killer among us” e “Phosphate–a poison for humans?”, hanno confermato che il carico di fosforo è l’obiettivo principale nel trattamento della malattia renale cronica. Infatti, a parità di filtrato glomerulare c’è una forte dispersione che dipende dall’alimentazione. Ma la tossicità del fosforo in quantità eccessive è confermata anche in persone con filtrato renale normale: queste presentano un maggiore sviluppo di patologie dell’osso e un aumento della mortalità.

Il livello di fosforo si mantiene elevato anche durante la dialisi. In seguito a trapianto di reni, si osserva una fase di ipofosforemia, che poi si normalizza. I pazienti che hanno sia FGF-23 sia PTH a un livello normale sono circa la metà in fase II, ma si riducono significativamente già allo stadio 3 e scompaiono quasi completamente allo stadio IV.

L’ipocalcemia non risulta determinare variazioni nella mortalità, mentre l’ipercalcemia, tipica degli stadi avanzati, incide significativamente. Le ipofosforemie importanti aumentano nettamente la mortalità, soprattutto sopra 1,75 mg/dL; anche valori elevati di paratormone risultano incidere sulla mortalità. Statisticamente, nei pazienti con PTH con valore superiore a 900 pg/mL si osserva un rischio di frattura superiore al 72%.

 

CKD-BMD e disturbi ossei

“[È] importante approfondire la diagnostica in pazienti in cui gli esami ematici non sono sufficientemente chiari per inquadrare il problema.”

 

Recentemente, è emersa anche l’utilità della classificazione TMV (acronimo che riassume Turnover, Mineralizzazione e Volume) nell’osteodistrofia renale. Infatti, dalla combinazione di queste possibili alterazioni possiamo identificare la problematica, consentendo di distinguere le principali alterazioni dell’osso:

  • Osteite fibrosa, con aumento della distanza fra i due fronti di calcificazione;
  • Osteomalacia;
  • Malattia dinamica;
  • Presenza di lesioni miste.

In alcuni casi, condizioni diverse possono coesistere.

Anche altri esami sono risultati essere utili solo di recente. Le linee guida KDIGO del 2009 indicavano che la biopsia ossea andava riservata solo ai casi in cui occorreva trattare un paziente con bifosfonati. Nell’aggiornamento del 2017, questa tecnica è indicata in tutti i casi in cui si sospetta che l’esito della biopsia potrebbe migliorare la diagnosi o portare a una diversa terapia. Inoltre, nella prima versione la mineralometria ossea (MOC) non era indicata nei pazienti con patologia cronica renale, perché non c’erano evidenze a supporto del suo uso; oggi,  invece, questo esame è previsto anche in questi casi.

 

CKD-MBD: obiettivi terapeutici e potenziali esiti clinici

A oggi, non vi sono studi sufficientemente solidi per conoscere strategie precise su quanto è necessario fare in merito a un trattamento per bone and mineral disorder, rischi di frattura e sicurezza nei pazienti con CKD. Si hanno alcune indicazioni e suggestioni:

  • Ridurre assorbimento dietetico di fosforo e sovraccarico sia in fase di fosforemia normale sia quando la fosfatemia è elevata dovrebbe rallentare la progressione della malattia renale cronica, ridurre la massa ventricolare sinistra (stimolata da FGF-23) ed eventi cardiovascolari e quindi la mortalità.
  • Controllare l’iperparatiroidismo secondario, per il quale esistono buoni strumenti, riduce eventi cardiovascolari e anomalie ossee.
  • Evitare ipercalcemia, soprattutto in stadi avanzati della patologia, ridurrebbe le calcificazioni vascolari e, conseguentemente, malattie cardiovascolari.
  • Si pensa che un trattamento delle alterazioni ossee, sia qualitative sia quantitative, potrebbe ridurre il rischio di fratture, ma vi sono ancora molti dubbi.
  • Se si potesse ridurre efficacemente FGF-23, potrebbe essere possibile ridurre l’ipertrofia ventricolare sinistra, quindi eventi cardiovascolari e conseguentemente mortalità.

Fonte: congresso BoneHealth 2022

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